Pubblico impiego in sciopero oggi a Pescara: in piazza Italia, dalle 11 alle 13, corteo e presidio per richiamare l’attenzione sul mancato rinnovo del contratto nazionale, fermo al 2009, e rilanciare le vertenze del settore con la Regione.
Servizi a rischio oggi negli uffici pubblici e nella sanità per lo sciopero regionale del pubblico impiego indetto da Cgil, Cisl e Uil per sostenere la battaglia sul rinnovo dei contratti nazionali del settore. Una campagna nazionale che però si organizza su giorni diversi a seconda dei territori. In Abruzzo è stata scelta Pescara per la manifestazione regionale, in piazza Italia dalle 11 alle 13: un corteo, si ipotizza assai numeroso a giudicare dal fatto che il comparto del pubblico impiego conta 50 mila lavoratori circa, richiamerà l’attenzione di cittadini e amministratori sulle due maggiori urgenze regionali ossia il mancato rinnovo del contratto nazionale fermo al 2009 e la vertenza con la Regione per mancati accorpamenti e fusioni di enti. Le richieste dei sindacati confederali, che si muovono in modo unitario su questo fronte all’insegna dello slogan #contrattosubito, vanno dal rinnovo del contratto scaduto da sette anni, allo sblocco delle assunzioni, dagli investimenti in formazione alla lotta agli sprechi. Ieri in occasione della conferenza stampa unitaria di Cgil,Cils e Uil per spiegare le motivazioni della protesta di oggi, come esempio di cattiva gestione degli impiegati pubblici in Abruzzo è stato citato il caso del Dipartimento Politiche agricole: “completamente svuotato, o quasi – hanno spiegato i segretari dei tre comparti Funzione Pubblica- azzerato nei suoi preziosi uffici territoriali e decentrati con ciò che questo comporta per gli imprenditori agricoli costretti in molti casi a fare centinaia di chilometri per raggiungere il solo ufficio rimasto, quello di Pescara, anche solo per una informazione”. In Piazza anche il segretario nazionale della Uil Pubblica Amministrazione Nicola Turco e rappresentanti del Sindacato autonomo polizia ambientale provinciale per dire no alla militarizzazione del Corpo forestale dello Stato.