Poca voglia di parlare della vicenda di don Paolo Piccoli, il parroco condannato dalla corte d’assise per aver ucciso l’anziano don Giuseppe Rocco, nella Casa del Clero a Trieste.
Non si ha voglia di parlare della vicenda di don Paolo Piccoli, il parroco di 53 anni originario di Verona, condannato a 21 anni e 6 mesi di carcere dalla corte d’assise per aver ucciso, il 25 apre 2014, l’anziano don Giuseppe Rocco, nella Casa del Clero a Trieste.
I pizzolani preferiscono voltare pagina e forse un po’ dimenticare il prelato che nei pochi anni in cui ha curato la comunità parrocchiale di Pizzoli, dal 1996 al 2001, ha – come dice il sindaco Giovannino Anastasio – smosso, agitato la comunità. Arrivarono, in quegli anni a Pizzoli, giornalisti da tutta Italia, per raccontare gli episodi di cui il parroco era protagonista. Oggi la storia è un’altra, ed è quella di un omicidio di cui, per i giudici, Piccoli è responsabile. Mentre gli avvocati difensori si preparano a ricorrere in Appello, in paese poco interesse a ricordare una figura diventata scomoda. Ma c’è ancora chi lo ricorda positivamente.
Rapporti sempre piuttosto tesi quelli tra l’ex parroco e il sindaco Anastasio, tanto da essere definiti ” Peppone e don Camillo”. Non nascondeva, ad esempio, il presule veneto, la sua antipatia per i politici di sinistra, persona senza peli sulla lingua, dal linguaggio diretto e non sempre consono alle vesti che indossava. Don Piccoli faceva, insomma, parlare di sé. Risale ad esempio al 2002 la condanna di don Piccoli per disturbo della quiete pubblica per l’uso indiscriminato delle campane, che faceva azionare durante tutto l’arco della giornata, e azionate non sempre per motivi legati alla vita parrocchiale. Sulla condanna si è espressa anche la Curia dell’Aquila, che ha ribadito in una nota la sua totale fiducia verso la giustizia umana e divina:
Siamo in attesa di acquisire ulteriori informazioni – scrive la curia – necessarie per un “discernimento” obiettivo e a tutto campo, che consenta di prendere decisioni adeguate. Con ferma convinzione, auspichiamo che si faccia giustizia – scrive la Curia – affinché ciascuno risponda alla legge di Dio e degli uomini, secondo le sue effettive responsabilità”.