Si è spento a Chieti il professor Vito Moretti, noto docente universitario, scrittore e poeta in lingua e in dialetto.
Persona di squisita cortesia, di immediata simpatia e di grande cultura, Vito Moretti era nato a San Vito Chetino e risiedeva a Chieti. Come scrittore ha esordito da giovanissimo, successivamente ha tenuto incontri culturali e letture di poesie in Russia, in Francia, in Irlanda, in Turchia, negli Stati Uniti e in altre località, sia in Europa che in Italia.
Nel campo della saggistica, Moretti ha pubblicato numerosi studi sulla cultura dal Settecento al Novecento, con particolare riguardo alle aree del verismo e del decadentismo e a Gabriele d’Annunzio; ha promosso convegni e seminari sulla letteratura abruzzese e nazionale e ha curato l’edizione critica di opere di vari autori.
I funerali si terranno lunedì 11 febbraio 2019 a Chieti, nella chiesa di Sant’Anna, alle ore 10. La camera ardente è stata allestita presso l’Ospedale Clinicizzato di Chieti. I funerali si terranno lunedì 11 febbraio alle ore 10 nella chiesa parrocchiale di Sant’Anna a Chieti.
Moretti ha appena celebrato i cinquant’anni di carriera letteraria. Tra le ultime pubblicazioni l’ultima silloge poetica del professor Vito Moretti, “Le cose”, edita dalla casa editrice Tabula Fati di Marco Solfanelli. Qui di seguito un estratto:
Mi piace la casa
con il profumo del vino bollito
e delle arance e dove le cose
invecchiano insieme al cappotto,
alle passeggiate corte
prima di notte e alla tortura
degli occhi sulle polaroid
messe di taglio nel vetro
dello stipo, tra i santini
e le cose da ricordare”.
Il ricordo dello scrittore Giovanni D’Alessandro
“Vito Moretti è stato un grande araldo della poesia, oltre che della narrativa, della critica e della saggistica di proposizione e valorizzazione dell’Abruzzo. In tutta la sua estesissima produzione, che abbraccia oltre cinquanta anni, avendo esordito appena quindicenne nel 1968, non ha mai smesso di coltivare l’amore per la sua regione natale e in particolare per la sua San Vito Chietino usandone, in particolare nella poesia vernacolare, il dialetto stretto: supremo e indipendente idioma di territorialità e di territori dell’anima, come insegnava Pasolini. Un tributo amoroso è stato costantemente offerto alla casa, nel piccolo centro teatino, dove ha visto la luce, luogo di elezione degli affetti dagli spalancati battenti, dalle serrature assenti, trasformando il paese in un interlocutore, cui vengono rivolti tenerissimi versi: “Mi fii sajje tutte le scale/mi fìi cercà cchiù sopre de ogni mure/ mi dii recurde e nustalgije” (“Mi fai salire tutte le scale/ mi fai cercare più su di ogni muro/ mi dai ricordi e nostalgie)”.