Don Ciotti a Chieti per manifestazione in Prefettura: “Non c’è regione immune da mafia”

“Non c’è regione immune da mafia”, queste le parole di don Ciotti che ha partecipato ad una cerimonia, in Prefettura, per il conferimento del “Totem della Pace” della Fondazione Mediterraneo.

”Basta, basta a dire che ci sono alcune regioni in cui la presenza mafiosa non esiste o è molto pallida: oggi anche se appare molto di meno, le mafie sono molto sotto traccia, hanno modalità diverse ma ci sono : non c’è regione d’Italia che può considerarsi immune”. Lo ha detto a Chieti questa mattina don Luigi Ciotti a margine della cerimonia, svoltasi in prefettura, durante la quale gli è stato consegnato il ”Totem della Pace” della Fondazione Mediterraneo, onlus fondata da Michele Capasso nel 1994 a Napoli per promuovere il dialogo e la pace nel Mediterraneo e nel mondo.

”Le tinte possono essere un po’ diverse ma loro ci sono, loro ci sono, mafia e corruzione – ha aggiunto don Ciotti. Il nostro impegno non è contro le mafie e contro la corruzione, contro l’illegalità, certo questo è evidente, ma noi dobbiamo lottare per la giustizia sociale. Perché il contrasto ha bisogno di lavoro, ha bisogno di sostegno alle famiglie, ha bisogno di cultura, di scuola, di università, ha bisogno di servizi per le persone. Dobbiamo collaborare, sostenere quei segmenti della magistratura che operano, le forze di polizia nel loro compito, le prefetture che gestiscono tutto questo, c’è questa collaborazione, c’è questa alleanza. Dobbiamo unire le nostre forze in questo noi, ma ognuno col proprio ruolo ma nella stessa direzione. Non c’è regione d’Italia che non può considerarsi immune. Non bisogna sempre arrivare dopo: noi dobbiamo andare incontro al futuro, non attenderlo arroccati nelle nostre presunzioni, nelle nostre paure e nelle nostre ansie. Sono 164 anni che in Italia parliamo di mafie, nonostante i passi, gli obiettivi raggiunti, il grande lavoro, il sacrificio di tanti, ieri come oggi, ma loro ci sono. Palermo è un esempio, una città che è cambiata ma loro sono ancora vivi ma non governano più: è già un passo in avanti. In altri territori sono sotto traccia, ma hanno contatti forti con elementi di ruoli nei palazzi alti”.

“I grandi rischi nel mondo oggi di cui non possiamo dimenticarci sono la caduta della democrazia in tanti paesi anche vicino a noi. Il secondo grande rischio che tocchiamo con mano è la voce di un Papa che ha detto attenzione c’è una terza guerra mondiale a pezzi. E se guardiamo in questo momento l’elenco dei conflitti e delle guerre, non sono parole così, non sono slogan, sono fatti. E il terzo è la catastrofe ecologica,” aggiunge don Ciotti. Quanto alla situazione sociale italiana, ha poi aggiunto ”le tre grandi povertà, che non vogliono escludere altri volti e altre storie, nel nostro paese sono la povertà, la povertà relativa ma anche quella assoluta che abbraccia milioni di persone. Un milione e 200 mila bambini vivono la povertà assoluta nel nostro Paese che siede ai tavoli delle grandi potenze. Mi basta questo per dire che ci dobbiamo mettere testa”. “I poveri, i migranti e la più grande povertà sono i giovani. I giovani – ha detto ancora don Ciotti – sono diventati la grande povertà del nostro paese perché un Paese che ha oltre due milioni di giovani che hanno studiato e non trovano la prospettiva di lavoro, sono impoveriti. E una società che si preoccupa di loro a non se ne occupa, che poi li giudica, li attacca e li emargina invece di offrire spazi e opportunità. Il merito della scuola è importante, la stima e la riconoscenza per quanti operano, ma noi siamo fanalino di coda per la dispersione scolastica. Un giovane su tre si perde nei primi cinque anni di scuole superiori, nonostante l’impegno meraviglioso di tanti. Le nostre università perdono il 40 per cento per strada, abbiamo le tasse più alte e gli investimenti più bassi”.

“E’ la cultura che dà la sveglia alle coscienze – ha proseguito don Ciotti – sono i servizi e le opportunità che devono essere offerte. Ecco allora il lavoro: perché una società che non ha lavoro è una società che muore, perché il lavoro è quello che ti dà la tua libertà, la tua dignità: avere 2 milioni di ragazzi in queste condizioni. La lettura è molto complessa, non siamo qui per semplificare ma è un grido e noi facciamo un regalo ai criminali, ai furbi”. “Allora due parole oggi chiedono di prendere le distanze: una sono i neutrali, e la seconda sono i mormoranti, quelli che stanno sempre zitti, che non dicono pubblicamente mai niente ma poi nei salotti, nei luoghi più pensabili pettegolano, giudicano, semplificano, attaccano. La strada è in salita: tre parole devono diventare carne e vita: la prima è la continuità nel fare le cose, costi quel che costi, non devono esserci solo delle risposte emotive all’indomani di alcune drammatiche vicende, bisogna trasformare le emozioni in sentimenti e nella continuità dell’impegno. Secondo che vince è la condivisione e noi dobbiamo mettere insieme le nostre forze. Terzo è la corresponsabilità: collaborare con le istituzioni se fanno le cose giuste, essere una spina al fianco se non fanno quello che deve essere fatto per il bene comune. Noi non possiamo stare a guardare e quando vengono calpestati o semplificati alcuni problemi, noi non possiamo stare zitti, ma soprattutto non possiamo stare inerti”.

IL SERVIZIO DEL TG8:

Nel pomeriggio, don Ciotti, presso l’Auditorium del Rettorato nel Campus universitario di Chieti, parteciperà a un incontro-dialogo condotto da Mons. Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne, sul tema: “Lettera a un razzista del terzo Millennio”, che è anche il titolo del recente e stimolante pamphlet dello stesso don Ciotti. Proseguirà così la rassegna “Orizzonti Ud’A” sul tema “Migranti, una questione strutturale della nostra civiltà”, coordinata dal Prorettore con delega ai rapporti con Istituzioni e Enti culturali, professor Stefano Trinchese.

“Anche questa conferenza, – spiega Trinchese – come gli appuntamenti che l’hanno preceduta nel corso di questa rassegna, è dedicata agli studenti e alla società civile del territorio metropolitano. In particolare essa intende rappresentare il fenomeno dei Migranti quale elemento strutturale e ineludibile della nostra Civiltà. L’iniziativa, che lo scorso anno incluse tra i relatori anche Liliana Segre, designata professore onorario dell’Ateneo dannunziano, sta riscuotendo un diffuso successo soprattutto tra i giovani delle Scuole del territorio. Don Luigi Ciotti, – conclude il prof. Trinchese – che ha dedicato la sua vita alla lotta alle mafie e alle dipendenze, ci propone nel suo scritto una lettura ampia dei fenomeni della Migrazione e delle ingiustizie, diretta al rispetto della dignità umana, ma soprattutto della cultura, perché in un tempo di continue e cosi rapide mutazioni sono vitali parole e pensieri che lo sappiano interpretare per le nuove generazioni”.