Il sindaco di Gissi, Agostino Chieffo, presenta un esposto in Procura sulla vicenda dei 16 migranti su 50 trovati positivi al Covid 19 accolti nel Cas. C’è un certo sconforto in parte dei cittadini.
Non ci sta il primo cittadino, dopo la notizia di ieri, che 16 migranti sui 50 bengalesi accolti nell’ex hotel Santa Lucia di Gissi sono stati trovati positivi al Covid 19. Agostino Chieffo presenterà un esposto in Procura perché, dice, “c’è una situazione poco chiara che ha bisogno di essere approfondita. Io non ho gli strumenti per farlo, dunque mi rivolgerò alla Procura e sto raccogliendo tutta la documentazione.”
Il sindaco ci dice “di aver saputo dai media e da internet, venerdì scorso, dell’arrivo a Gissi di 50 migranti nel Cas che andavano a sostituire i 40 già presenti. Ho scritto una PEC in Prefettura per avere rassicurazioni e mi hanno garantito che i test effettuati sui migranti erano tutti negativi. Ieri l’amara scoperta: il 30% di loro è positivo al Coronavirus. La cosa – prosegue Chieffo – è gravissima perché non è possibile che lo Stato, che da mesi ci impone delle prescrizioni, poi non le rispetta perché se 16 persone vengono a Gissi e risultano positive vuol dire che i controlli non sono stati fatti o non sono stati fatti bene”.
Il sindaco sottolinea, però, che nessuno dei migranti è venuto in contatto con la popolazione e che le forze dell’ordine presidiano la struttura.
“Il problema – prosegue – potrebbero essere gli operatori che però mi risulta aver adottato tutte le precauzioni e si stanno sottoponendo ai tamponi. Non accetto – taglia corto il primo cittadino – che vengano mandate 50 persone in una situazione di emergenza, non mi interessa di quale nazionalità sono o il colore della pelle, senza che i sindaci del territori vengano informati o coinvolti. Per me è assurdo”.
Intanto in paese non si parla d’altro. I pareri, come sempre accade in questi casi, sono contrastanti, ma prevale un certo sconforto tra la popolazione.
“Abbiamo fatto tanti sacrifici e ora c’è il rischio di tornare indietro”, altri temono nuovi focolai, altri ancora, invece, sono più rassicuranti “visto che i migranti malati vengono curati in una struttura protetta e non sono a contatto con la popolazione.” Altri ancora sono amareggiati perché, “dopo aver rispettato regole e prescrizioni, ci ritroviamo con il timore di incorrere in situazioni non certo piacevoli”.
Ora c’è da attendere l’esito dei tamponi sugli operatori e c’è stata, inoltre, una riunione in Prefettura.