Lavoro, sciopero alla Metro di San Giovanni Teatino

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Circa il 30% dei lavoratori di Metro Italia Cash & Carry di San Giovanni Teatino, ha incrociato le braccia stamani per lo sciopero nazionale indetto per protestare contro il disinteresse dell’azienda verso i propri dipendenti.

In concomitanza con lo sciopero nazionale dei 4.200 dipendenti dei 48 punti vendita del gruppo del Cash&Carry Metro Italia circa il 30 % dei 72 dipendenti di San Giovanni Teatino ha incrociato le braccia. La protesta, indetta da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil, ha diverse motivazioni: la disdetta del contratto integrativo dal 1° aprile scorso, sostituito unilateralmente da un regolamento integrativo aziendale (Ria), gli orari, l’organizzazione del lavoro, le ristrutturazioni e le chiusure dei punti vendita. A questo primo stop, accompagnato da numerose manifestazioni e sit-in in tutta Italia, si aggiungeranno poi ulteriori otto ore di sciopero da organizzarsi a livello territoriale e di magazzino. Al presidio organizzato davanti l’ingresso in Via Po a San Giovanni Teatino, erano presenti anche i rappresentanti sindacali della Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs,  Elena Zanda, Davide Frigelli e Alberto Stampone. In una realtà sindacalizzata da poco tempo, hanno sottolineato i tre sindacalisti, è un fatto positivo che una rappresentanza significativa di lavoratori abbia preso parte alla protesta con grandi sacrifici anche di natura economica.

Per la prima volta, dopo 46 anni di relazioni sindacali strutturate (il primo integrativo risale al 24 marzo 1978), è stato detto, l’attuale dirigenza della catena di supermercati all’ ingrosso non ha voluto sottoscrivere il contratto aziendale. “Un atto grave che si è consumato dopo mesi di trattativa surreale, in cui l’impresa ha esclusivamente ribadito le proprie posizioni in un monologo sordo alle esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori”, spiegano i tre sindacalisti della Filcams, Fisascat e Uiltucs.

Quattro i punti forti di dissidio tra la società e i sindacati: organizzazione del lavoro, premio variabile (che Metro propone di abbassare da 1.600 a 1.400 euro), orario di lavoro (che Metro vorrebbe riportare da 36 a 38 ore, per di più aumentandone la flessibilità), ristrutturazioni e chiusure di punti vendita.

“Davanti alle pregiudiziali poste dall’ azienda ogni mediazione è risultata impossibile, gli effetti che la disdetta produrrà saranno a carico delle lavoratrici e dei lavoratori”, affermano i sindacati nazionali e territoriali: “Questo è l’ennesimo atto dell’azienda che punta a tagliare sul costo del lavoro, non possiamo esimerci dal chiamare le lavoratrici e i lavoratori alla lotta affinché l’azienda muti radicalmente il proprio atteggiamento”.

Riguardo all’organizzazione del lavoro, con il nuovo progetto T.E.M.P.O. “l’azienda intende flessibilizzare ancor di più la prestazione lavorativa, con orari che cambiano ogni giorno e con turni spezzati, rendendo sostanzialmente impossibile per le lavoratrici e i lavoratori programmare il proprio tempo di vita”. I sindacati, invece, chiedono confronti e accordi sul tema nei singoli punti vendita e la garanzia dei turni unici continuati. Se lo sciopero dovesse rivelarsi infruttuoso, hanno concluso i tre sindacalisti,  se ne prospetta un altro, di otto ore, che sarà indetto in maniera autonoma.

Fabio Lussoso: