Due Marocchini, padre e figlio, sono stati espulsi dal prefetto di L’Aquila, perché aderenti al radicalismo islamico con possibili derive jihadiste. Nessun contatto diretto con l’Isis è stato accertato dalla Digos, ma entrambi sono stati imbarcati a Fiumicino per essere espulsi dal territorio italiano.
Il prefetto di L’Aquila ha espulso due Marocchini, padre 51enne e figlio 27enne, perché, da indagini Digos, avviate lo scorso 3 febbraio nell’ambito di una semplice attività di prevenzione, è emersa “una chiara adesione ai principi più radicali della religione islamica, con possibili derive di natura jihadista”.
Ieri i due sono stati accompagnati alla frontiera aerea di Fiumicino, in attuazione del provvedimento di espulsione che prevede la possibilità di espellere un cittadino extracomunitario “per ordine pubblico o sicurezza Stato”.
Padre e figlio non avevano contatti diretti con l’Isis, ma sono stati ritenuti vicini alla radicalizzazione profonda. I due Marocchini, che avevano precedenti per spaccio di sostanze stupefacenti, diffamazione, furto e falsificazione di documentazione fiscale, erano stati allontanati dai centri culturali islamici di Avezzano (L’Aquila) e L’Aquila, “per la loro condotta estremamente radicale, sfociata anche in aggressioni fisiche”.
Nel corso delle perquisizioni nell’abitazione dei due uomini espulsi, che vivevano con la famiglia nella frazione aquilana di San Gregorio, sono stati sequestrati pc, nei quali sono stati rinvenuti numerosi video marcatamente antioccidentali e di natura “complottista” in relazione all’attentato alle Torri Gemelle. I due non avevano un lavoro: nella frazione aquilana dove risiedevano sono rimasti moglie e altri tre figli, risultati estranei alle accuse.
Il genitore 51enne ha piccoli precedenti per diffamazione e possesso di sostanza stupefacente: nei suoi confronti, un’accurata attività investigativa, condotta dalla Digos e diretta dal vice questore Antonio Bocelli, ha consentito “di evidenziare una copiosa quantità di indicatori di radicalizzazione religiosa in atto, tendenti verso derive di natura jihadista, sebbene, allo stato, non sia emerso alcun elemento rilevatore di una adesione dell’uomo a sodalizi terroristici di alcun genere”.
Anche il figlio 27enne ha piccoli precedenti per spaccio di sostanza stupefacente e furto; è stato inoltre denunciato dalla Digos per aver falsificato la documentazione fiscale, presentata in occasione del rinnovo del permesso di soggiorno, al fine di rimanere in Italia.
“Le risultanze investigative hanno evidenziato, quindi, una spiccata tendenza alla adesione al radicalismo jihadista, che, allo stato, non manifesta contatti diretti con sodalizi terroristici di matrice islamica, pur evidenziando la chiara pericolosità sociale dei due cittadini marocchini e l’allarme sociale dagli stessi creato”, si legge nella nota della questura aquilana.
“Sono soggetti che si sono radicalizzati, non avevano collegamenti diretti con l’Isis, ma facevano intendere una deriva jihadista radicale, anche per i loro atteggiamenti di profondo fanatismo in seno alle comunità islamiche che a loro avviso non erano abbastanza ortodosse e radicali nell’organizzazione”. E’ quanto dichiarato dal dirigente della Digos della questura dell’Aquila, il vice questore Antonio Bocelli. “Non ci sono state denunce perché di questi personaggi si ha timore anche da parte delle stesse comunità islamiche. Da parte nostra, c’è una continua attività con rapporti con il mondo della scuola, delle imprese e anche in seno allo stesso Islam moderato, con i quali i due avevano rapporti molto tesi tanto da arrivare anche ad aggressioni. Le comunità islamiche sono le prime sentinelle”.
Bocelli non lancia l’allarme: “Non c’è allarme in provincia dell’Aquila, ma certamente si deve continuare a monitorare costantemente per prevenire fenomeni pericolosi”.