A pochi giorni dalla morte in cella di Massimo Russi, il detenuto 40enne che lo scorso 17 maggio si è tolto la vita nel carcere di San Donato, Amnistia, giustizia e libertà, Partito Radicale e Rifondazione Comunista tornano a sollecitare l’istituzione del garante dei detenuti e a ribadire la necessità di riformare l’ordinamento giudiziario italiano, fermo al codice Rocco del 1930.
Alla conferenza stampa dal titolo emblematico “Le morti in cella: una strage annunciata?”, indetta davanti al penitenziario pescarese, sono intervenuti l’avvocato Stefano Sassano, legale di Massimo Russi e presidente dei difensori d’ufficio del tribunale di Pescara, Rita Bernardini, membro della presidenza del Partito Radicale e candidata per il garante dei detenuti abruzzesi, e Vincenzo Di Nanna, segretario di Amnistia Giustizia e Libertà. Assente a causa di un impedimento Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione, che ha sostenuto comunque l’iniziativa.
L’avvocato Stefano Sassano, nel riassumere l’emblematico caso di Russi morto suicida in cella il 17 maggio scorso, ha ricordato: “Oltre alla depressione, il mio assistito soffriva di epilessia, di epatite B e C, perciò fu chiesta su mia iniziativa l’incompatibilità assoluta col regime carcerario, in quanto esponeva se stesso, i compagni e il personale a problemi di contagio; ma la richiesta è stata rigettata senza approfondire”.
“Continua la strage di legalità: da un lato l’Abruzzo detiene ormai un record nazionale nella mancata attuazione della legge istitutiva del garante dei detenuti, dall’altro l’Italia non ha approvato la riforma dell’ordinamento penitenziario, il che assume un’importanza specifica in relazione a quanto accaduto al povero Massimo Russi”, ha dichiarato l’avvocato Vincenzo Di Nanna. “Nella proposta di riforma, la normativa attuale sarebbe stata modificata, estendendo l’ambito di applicazione del differimento della pena anche alle infermità di tipo psichico, inizialmente non ricomprese nel testo di legge: molte morti in cella dipendono dalla mancata modifica della norma”.
“Per darvi le dimensioni del fenomeno, ci troviamo davanti a 200-250 casi psichiatrici gravi in carcere: per chi ha patologie psichiatriche, tanto più se unite al problema della tossicodipendenza come nel caso di Russi, il carcere è il posto meno idoneo, come è stato detto da tutti gli esperti”, ha spiegato Rita Bernardini. “Come Partito Radicale abbiamo intrapreso una lunga battaglia nonviolenta per l’approvazione della riforma, attraverso scioperi della fame cui hanno aderito moltissimi detenuti anche dall’Abruzzo. Gli istituti penitenziari italiani sono ancora oggi in una condizione di totale illegalità: non solo non svolgono la funzione rieducativa prevista dalla Costituzione, ma vi è il sovraffollamento, le condizioni di vita sono contrarie al senso di umanità e grava l’assenza di quelle figure di garanzia previste dalla legge, a cominciare dai garanti regionali. L’Abruzzo è stata una delle prime regioni ad approvare la norma istitutiva del garante e l’ultima a darle attuazione: come recita un vecchio detto, ‘fatta la legge, trovato l’inganno'”.