“Figli d’Abruzzo dimenticati. Storie della nostra emigrazione”

“Figli d’ Abruzzo dimenticati. Storie della nostra emigrazione”. Geremia Mancini, Presidente onorario dell’Associazione “Ambasciatori della Fame”, ripercorre la storia di Pasquale Fanà dal “sogno americano” alla tragedia. Era nato a Città Sant’Angelo il 6 gennaio del 1882. Morì, il 28 aprile del 1924, nella tragedia mineraria di Benwood in West Virginia.

La storia di oggi, scrive in una nota Geremia Mancini, è di quelle che andrebbero onorate e fatte conoscere anche a distanza di anni. Attiene alla sofferenza e alla voglia di riscatto di un uomo che, come tantissimi altri, cercò nell’ Emigrazione una soluzione. In questo caso, purtroppo, offesa dalla tragedia. Pasquale Fanà era nato a Città Sant’Angelo, C.da Maddalena, il 6 gennaio del 1882 da Pietropaolo e Maria Rosa Franciotti entrambi contadini. A ventidue anni decise di emigrare per gli Stati Uniti. Giunse ad Ellis Island, a bordo della “La Touraine, il 28 maggio del 1904. Si stabilì a Bellaire in Ohio. Nel 1911 tornò in Italia per sposare la compaesana Donnina Carota. Ma qualche mese dopo il matrimonio, celebrato il 29 agosto del 1912, ripartì per l’America. Il nostro Paese non gli offriva null’altro che umiliazioni. La coppia arrivò ad Ellis Island, navigando sulla “Hamburg”, il 17 febbraio del 1912. Due anni più tardi sarebbe nato Vincenzo.

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Il parto difficile e l’assenza della necessaria tutela medica furono, probabilmente, la causa del decesso sia della madre che del bambino. Nel 1917 Pasquale , che intanto passava da un lavoro all’altro, sposò la marchigiana Maria Olivieri dalla quale avrebbe avuto cinque figli. Con una famiglia così numerosa Pasquale aveva la necessità di un maggior guadagno. Così non rifiutò l’offerta di andare a lavorare nelle miniere del West Virginia. Arrivò nella piccola cittadina di Benwood , poco più che un villaggio di minatori, nel 1922.  Nel 1907 a Monongah, a pochi chilometri da li, si era verificata una delle più grandi tragedie minerarie. Il durissimo lavoro della Miniera consentì a Fanà di sollevare il livello di vita della sua famiglia. Le condizioni di lavoro erano però infami: sicurezze inesistenti e le ore di lavoro, a volte, arrivavano anche a 14. Poi la mattina del 28 aprile del 1924 la tragedia.

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Un esplosione di gas provocò la morte di tutti i 119 minatori. La notizia scosse l’opinione pubblica americana. Ci furono interrogazioni, denunce ed indagini. Da quest’ultime emersero, inizialmente, tutte le responsabilità della proprietà. Successivamente, come sempre, si tentò di accreditare la tesi della “fatalità”. Rimasero le strazianti condizioni dei sopravvissuti. Mogli e figli a cui, all’improvviso, erano venuti a mancare i cari e il sostentamento da loro procurato. Finiva così, tragicamente, la vita ed il “sogno americano” di Pasquale Fanà.

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Oggi a Benwood, conclude Geremia Mancini, sorge una stele in ricordo di quell’evento ed il nome del minatore abruzzese è ben visibile. Ricordalo anche nella sua terra ci appare doveroso.