Tre arresti dei carabinieri a Pescara per tentato omicidio. Manette per madre, figlio e il “picchiatore”
Prima assoldano due persone per farlo picchiare e poi gli somministrano di nascosto un potente farmaco in grado di procurargli emorragie fatali. Per questo motivo tre persone sono state arrestate dai carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile di Pescara, che hanno operato unitamente ai colleghi del Nas. In manette sono finiti madre e figlio con l’accusa di tentato omicidio in concorso ai danni del marito della donna e uno degli aggressori con l’accusa di lesioni aggravate. La vittima risiede nel Pescarese.
Nel pomeriggio di ieri i Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile di Pescara, unitamente a personale del NAS Carabinieri di Pescara, hanno eseguito tre ordinanze di custodia cautelare, due in carcere e una agli arresti domiciliari, per i reati di tentato omicidio aggravato e lesioni personali aggravate in concorso.
Daniela Lo Russo
Incredibile la storia, degna di un copione da fiction televisiva che vede come protagonisti una madre, DANIELA LO RUSSO e suo figlio, MICHELE GRUOSSO, nelle vesti di avvelenatori provetti; una coppia senza scrupoli che, come nella trama dei migliori libri gialli, stavano cercando di uccidere il marito di lei inconsapevole di tutta la vicenda. Il tutto è partito da un’attività di intercettazione telefonica a seguito di un’aggressione patita dalla donna il 28 giugno scorso; nel tentativo, però, di rintracciare ed identificare gli autori del reato i Carabinieri si sono imbattuti in una vicenda a dir poco inquietante.
Michele Gruosso
I primi preoccupanti elementi, che hanno aperto uno scenario assolutamente inaspettato, sono emersi quando mamma e figlio, in più conversazioni telefoniche, hanno iniziato a parlare di funghi; quella che poteva essere all’apparenza una amena disquisizione culinaria ha però messo in allerta i militari che hanno subito intuito la stranezza di quelle frasi pronunciate fuori contesto. L’intuito degli operanti è stato premiato da successive comunicazioni tra i due e la vittima che hanno portato alla luce una verità agghiacciante: all’uomo, marito della donna, infatti, venivano somministrate occultamente massicce dosi del farmaco “coumadin”, un potente anticoagulante usato nella trattazione di pazienti affetti da patologie cardiache. L’effetto del medicinale, che viene venduto dietro specifica ricetta medica, è quello di abbassare il fattore di coagulazione del sangue per evitare trombosi ed altre complicanze successive. Nel caso di specie, se assunto senza controllo ed in dosi eccessive, il farmaco avrebbe abbassato talmente tanto il fattore di coagulazione fino a provocare pericolose emorragie interne che avrebbero portato a morte certa l’ignara vittima.
Mosquera Zabala Edwin Andrei
Non contenta di ciò, la diabolica coppia, al fine di procurare all’uomo delle lesioni che sapevano benissimo non si sarebbero rimarginate proprio per l’assunzione del potente farmaco, avevano addirittura organizzato un agguato ai suoi danni, assoldando un pregiudicato colombiano, MOSQUERA ZABALA EDWIN ANDREI, residente a Silvi Marina. Aggressione che effettivamente c’è stata il 10 luglio quando la vittima, mentre stava rincasando, è stata avvicinata da due sconosciuti che lo hanno percosso con una mazza da baseball; per loro sfortuna però l’uomo ha reagito in maniera inaspettata all’attacco riuscendo non solo a difendersi ma malmenando i due aggressori che si sono immediatamente dati alla fuga. Fallita l’aggressione però la coppia di omicidi non si è data per vinta ed ha continuato a mettere in atto il diabolico piano; prezioso il lavoro degli uomini del NAS che, nell’ambito del loro quotidiano impegno sulla farmacovigilanza che il Comando Carabinieri Tutela Salute effettua all’interno delle strutture di dispensazione delle specialità medicinali (depositi farmaceutici, farmacie ospedaliere e territoriali), sulla scorta dei flussi informativi in loro possesso hanno battuto a tappeto le farmacie di Pescara e Montesilvano riuscendo a rintracciare gli esercizi ove erano state spedite le prescrizioni mediche ripetibili nonché la persona che materialmente aveva acquistato le confezioni di farmaco “coumadin”. Ulteriori accertamenti hanno, infatti, consentito di appurare che le prescrizioni mediche, così come i timbri dei medici apposti sulle stesse, risultavano false. Il modus operandi è risultato abbastanza chiaro: le pastiglie venivano disciolte in alcune bevande che regolarmente venivano fatte bere alla vittima, che più volte è dovuta ricorrere alle cure del pronto soccorso per episodi di importanti emorragie interne, fino al ricovero nel reparto di ematologia. Circostanza anche questa che non è riuscita a fermare i due che, raggirando l’uomo, lo hanno costretto a bere, durante la degenza, altre bevande adulterate portate da casa contribuendo così a far peggiorare le sue condizioni di salute; solo grazie all’intervento dei sanitari del reparto, che mai avrebbero immaginato una storia simile ma che hanno continuamente corretto il valore di coagulazione somministrando al paziente massicce dosi di “antidoto” (vitamina k), la vita dell’uomo è stata preservata. Le scrupolose analisi effettuate dall’Ospedale hanno avvalorato la tesi investigativa in quanto, il principio attivo del “coumadin” veniva rilevato in un campione di sangue del paziente.
Alla luce dei folli sviluppi i Carabinieri, su mandato dell’Autorità Giudiziaria, sono riusciti finalmente ad interrompere il piano omicida salvando la vita dell’uomo, arrestando la madre ed il figlio e uno degli aggressori della sera del 10 luglio. In fase di perquisizione domiciliare i Carabinieri hanno rinvenuto timbri falsi di medici, ricette false, una scatola di “coumadin” e una confezione di adrenalina; ritrovamenti che, nel caso ce ne fosse ancora bisogno, non hanno fatto altro che confermare la sconcertante tesi investigativa. I due avvelenatori, già gravati da numerose segnalazioni per reati contro il patrimonio, tra cui spicca la truffa, falsità e addirittura incendio doloso, trascorreranno i prossimi giorni in carcere mentre il colombiano, gravato da numerosi precedenti per reati sia contro la persona che contro il patrimonio, è stato ristretto presso la propria abitazione in regime di arresti domiciliari.