Gran Sasso: Ramadori, A.d. di Strada dei Parchi SpA, afferma in una nota “nessun ricatto della società”. Chiusura per evitare contestazioni di inquinamento ambientale.
“Abbiamo letto sulla stampa che avremmo usato la chiusura della galleria del Gran Sasso come ricatto per ottenere altre cose. Vi posso garantire che è stata una soluzione adottata con grandi riflessione e con grande sofferenza”. Lo afferma l’amministratore delegato di Strada dei Parchi, Cesare Ramadori, in un’audizione alle Commissioni riunite Ambiente e Trasporti della Camera sull’ipotizzata chiusura del traforo del Gran Sasso. Questa misura, per il dirigente, avrebbe potuto creare “grossi danni per la società, perché avremmo perso i pedaggi del Gran Sasso e un concessionario autostradale vive di pedaggi”. Ramadori ripercorre le tappe della vicenda che ha portato a ipotizzare la chiusura del traforo per “evitare ulteriori contestazioni correlate a presunti pericoli di inquinamento ambientale”, dopo che il ministero avrebbe risposto a una lettera della società del 5 di aprile con “due righe dove diceva che siccome questo problema non riguardava né il concedente né il concessionario non erano disponibili a finanziare nessun tipo di lavoro per la potabilizzazione delle acque”.