Tangenti cultura, ” De Fanis ci chiese 1.000 euro”. Il Presidente dell’Associazione Culturale e Musicale ARS, Rocco Masci, afferma: “Senza pagare rapporti con Regione interrotti”.
“L’assessore mi consegnò l’assegno di 4.700 euro che avevamo pattuito per la nostra esibizione musicale al Salone del Libro di Torino, ma mi disse che da quella cifra voleva 1.000 euro in contanti, che gli servivano per la campagna elettorale. Io risposi che non era possibile e che non era giusto, ma lui mi spiegò che se non avessimo accettato si sarebbero interrotti i nostri rapporti di collaborazione con la Regione”.
E’ uno dei passaggi chiave della testimonianza resa questa mattina, davanti al tribunale collegiale di Pescara, dal presidente dell’associazione culturale e musicale Ars, Rocco Masci, nell’ambito del processo nato dall’inchiesta ‘Il Vate’, sulle presunte tangenti nel settore Cultura della Regione Abruzzo. Il procedimento mira a fare luce sulle modalità di erogazione dei contributi regionali, sulla base della legge regionale 43/73, successivamente abrogata, che disciplinava l’organizzazione, l’adesione e la partecipazione a convegni e altre manifestazioni culturali con la possibilità di distribuzione di fondi. I fatti si riferiscono al 2013 e nel processo sono imputati, con le accuse a vario titolo di concussione, corruzione, induzione indebita a dare o promettere utilità, truffa, peculato, abuso e falso, l’ex assessore regionale alla Cultura Luigi De Fanis, il rappresentante legale dell’associazione Abruzzo Antico Ermanno Falone, il responsabile dell’Agenzia per la promozione culturale della Regione Abruzzo Rosa Giammarco e l’imprenditore Antonio Di Domenica. Lucia Zingariello, ex segretaria di De Fanis, per questa vicenda ha già patteggiato una condanna ad un anno e 11 mesi di reclusione. Masci, invece, ha ottenuto l’applicazione dell’istituto della messa alla prova per un periodo di 8 mesi. Proprio Zingariello, questa mattina, sarebbe dovuta comparire per essere ascoltata in qualità di testimone, ma non si è presentata e il suo legale ha fornito un certificato medico. Ha seguito, invece, tutte le fasi dell’udienza l’ex assessore De Fanis. Masci, che avrebbe potuto avvalersi della facoltà di non rispondere, avendo terminato il periodo di messa alla prova ma essendo ancora in attesa della definizione dell’estinzione del reato, ha invece scelto di deporre.
“Nel 2011 De Fanis mi contattò per tenere 7 concerti a pagamento e 3 gratuiti, insieme al mio quartetto musicale, nelle zone svantaggiate dell’Abruzzo meridionale – ha riferito il testimone -. In seguito, verso la fine del gennaio 2013, mi propose di tenere un concerto, dedicato a D’Annunzio, al Salone del Libro di Torino”. Dopo l’evento, tenutosi nel maggio del 2013, Masci sarebbe stato ricontattato dall’assessore: “Mi chiese di emettere fattura a nome dell’associazione Abruzzo Antico, che non era ovviamente la mia associazione. Non mi posi troppe domande e immaginai che essendo un calderone per molti eventi, fosse un modo per gestire il tutto”. Poi l’incontro, nel corso del quale De Fanis avrebbe consegnato l’assegno da 4.700 euro a Masci. “Lui arrivò con la macchina della Regione, insieme ad altre persone – ha raccontato il testimone -. Quando mi chiese i 1.000 euro io rimasi basito, ma successivamente ne parlai con gli altri del gruppo e alla fine decidemmo di consegnare i soldi, per il timore che si interrompessero i rapporti di lavoro con la Regione”. La consegna del danaro – secondo quanto riferito da Masci – sarebbe “avvenuta in contanti, di mattina, a Dragonara”. Le circostanze riferite dal presidente dell’associazione Ars sono state confermate, in aula, dagli altri membri del quartetto musicale. “Masci fu schietto con noi – ha affermato il musicista Manuele Filoso – e ci disse che De Fanis voleva 1.000 euro altrimenti rischiavamo di non lavorare più con la Regione”. Dello stesso tenore la testimonianza di Mariano Aquilano, componente del gruppo musicale, che però non partecipò all’evento di Torino: “Eravamo a fare le prove a casa del professor Iezzi e Masci ci spiegò che l’assessore aveva richiesto un contributo di 1.000 euro”. Subito dopo è stato ascoltato anche Diego Paolini, proprietario di un ristorante, la cui moglie era presidente di un’associazione culturale. “Conoscevo De Fanis in quanto mio padre aveva collaborato ad alcune sue campagne elettorali – ha detto il ristoratore -. Nel 2013 l’assessore mi contattò, poiché io e mia moglie volevamo realizzare un progetto culturale – ha proseguito Paolini -. De Fanis però ci disse che bisognava fare altro e incentrare il progetto sulla figura di D’Annunzio, in vista di un evento”. La coppia, dunque, elaborò una serie di progetti sulla figura del Vate: “Quando ci incontrammo, l’assessore ne scelse due a caso e ci disse che avremmo dovuto preparare un computo economico”. Paolini e la moglie avrebbero presentato un preventivo da 21.000 euro. “De Fanis rispose che andava bene, ma disse che avremmo dovuto dargli circa 4.000 euro – ha riferito il ristoratore -. Si accorse che ero piuttosto stupito della richiesta e allora mi chiese di parlare chiaro e aggiunse che era solo l’assessore a decidere cosa, quanto e a chi dare. Io e mia moglie – ha spiegato Paolini – decidemmo di pagare per il timore di non lavorare più”. Sempre Paolini sarebbe stato al centro anche di un altro episodio. “In occasione del Salone del Libro del 2013 De Fanis mi propose di realizzare un evento gastronomico – ha raccontato il ristoratore -. Anche in questa occasione l’assessore mi chiese di consegnargli 1.500 euro, ma io rifiutai, in quanto i patti erano riferiti ad un evento per 80 persone, mentre a Torino se ne presentarono quasi 300 ed io fui costretto ad anticipare il danaro di tasca mia, finendo tra l’altro per andare a pari con l’intera cifra stabilita”.