Legambiente chiede alla regione Abruzzo un cambio radicale nella gestione della caccia al cinghiale: “Basta favori alle lobby dei cacciatori e dei politici che non sanno di cosa parlano”.
In una nota diffusa a mezzo stampa, l’associazione ambientalista spiega in maniera dettagliata le ragioni di un auspicabile cambio di gestione della caccia al cinghiale.
“Troviamo assurde le polemiche di questi giorni in merito al Protocollo sottoscritto tra le Aree protette e la Regione Abruzzo, per il contenimento e la gestione delle popolazioni in sovrannumero dei cinghiali dentro e fuori le aree protette. Anziché apprezzare lo sforzo compiuto da quasi tutto il sistema delle aree protette della regione e la serietà e la responsabilità con cui anche noi ci siamo fatti carico di contribuire alla risoluzione del problema e garantire la sicurezza dei cittadini, c’è chi ancora utilizza in chiave elettorale il mondo venatorio e le sue richieste fuori luogo e oramai fuori dal tempo.
Nel Protocollo sono chiari i punti di azione e di tutela, messi in atto attraverso il coinvolgimento dell’ISPRA e l’azione diretta delle aree protette per contenere un fenomeno che innanzitutto danneggia la biodiversità, oltre agli agricoltori e ai cittadini tutti. In questo documento non si fa altro che ribadire il richiamo e il rispetto delle leggi in vigore e l’adozione di pratiche di controllo della popolazione del cinghiale, attraverso le catture e gli abbattimenti selettivi, previsti dalla legge in materia di aree protette.
Se proprio è necessario polemizzare, chiediamo noi a tutta la classe politica, attuale e passata, quali azioni hanno messo in campo per fermare la deriva venatoria, utilizzata come unica modalità di gestire la fauna in Abruzzo, le risorse spese senza ottenere risultati e il perché ci ritroviamo sempre gli stessi funzionari pubblici a occuparsi di caccia, nonostante i palesi fallimenti.
Ci aspettiamo che non solo le associazioni agricole, ma soprattutto quelle venatorie, dimostrino apprezzamento per quanto le aree protette hanno intenzione di fare per un problema che non hanno creato queste ultime.
Un mondo venatorio che deve necessariamente interrogarsi sul fallimento del modello di gestione della caccia, di cui sono gli unici responsabili e che in Abruzzo, in particolare, non ha saputo dare nessuna risposta concreta, ma ha invece contribuito a produrre e aggravare il disastro attuale.
Infine, troviamo imbarazzo ogni volta che dobbiamo commentare le prese di posizioni dell’assessore Pepe, che a differenza dei sui colleghi, Beradinetti e Lolli, rappresenta la parte più arretrata della maggioranza di governo regionale. Interrogarsi sul silenzio venatorio anche la domenica, non può essere inteso come una mera scelta tra ambientalisti contro i cacciatori, ma deve essere inquadrata nella riflessione politica in atto, che vede la regione Abruzzo capofila di una nuova strategia per il turismo attivo e sostenibile, una scelta strategica al di sopra delle parti, che fa della regione dei Parchi anche quella dell’ecoturismo e del vivere gli spazi naturali in libertà. E’ chiaro che questo trend di presenze turistiche si concentra maggiormente nei week-end e quindi bisogna ragionare tutti insieme su come far collimare la crescita positiva di queste presenze e l’attività venatoria in sicurezza. Perciò, consigliamo all’assessore Pepe, prima di abbandonarsi alle banalità filo cacciatori, di consultarsi con i suoi colleghi di giunta, Lolli e Berardinetti, di cui apprezziamo l’impegno e l’operato”.