Disinnescato il cosiddetto “scippo” dei fondi destinati alle periferie (è di ieri la notizia dell’accordo Governo-Anci) ora a rischio ci sono le risorse per i corsi d’acqua che scorrono in Abruzzo e nelle regioni confinanti.
Il piano stralcio 2018 comprende interventi di manutenzione per circa 10 milioni di euro, ma anziché venire spalmati nel reticolo idrico superficiale di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, questi soldi potrebbero essere utilizzati per rimediare ai problemi di fiumi e corsi d’acqua compresi nel perimetro del territorio romano. L’assessore regionale alle opere pubbliche, Lorenzo Berardinetti parla di “sgarbo” verso l’Abruzzo. Sia Berardinetti che il direttore regionale ai dissesti idrogeologici, Emidio Primavera, hanno partecipato alla
conferenza istituzionale permanente dell’autorità di bacino distrettuale dell’Appenino centrale, svoltasi a Roma nella sede del Ministero dell’Ambiente.
Beradinetti denuncia “l’atteggiamento gravissimo, totalmente insensibile alle voce degli amministratori locali” e invoca “l’intervento
del ministro dell’Ambiente Sergio Costa” affinché i 10 milioni vengano distribuiti con equità.
“Abruzzo, Marche ed Umbria, – si legge nella nota della Regione Abruzzo – non coinvolte in nessuna fase prodromica dall’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Centrale, hanno manifestato il proprio fermo dissenso, dichiarando inaccettabile sia il metodo di lavoro sia i contenuti del Piano Stralcio 2018 che ha completamente ignorato ed eluso le necessità delle regioni ricomprese nel distretto che, analogamente alla città di Roma, presentano evidenti e pari urgenze e necessità manutentive.
Le tre regioni hanno manifestato assoluta contrarietà all’approvazione della delibera, anche se, nonostante il voto contrario della regione Abruzzo e il dissenso scritto della regione Umbria, è stata ugualmente approvata. Da una stima effettuata dalle strutture regionali, infatti, il fabbisogno complessivo sul territorio abruzzese è pari ad almeno 270 milioni di euro, riferito sia al reticolo principale, con sviluppo complessivo pari a circa 1.000 km, che a quello secondario con uno sviluppo stimato intorno a 8.500 km”.
L’assessore Berardinetti aggiunge:
“Ciò che si è verificato non è mai accaduto prima d’ora e, proprio per questa ragione, chiedo a gran voce che venga riaperta, nel merito, la discussione. Non solo sono state ignorate le posizioni regionali, ma il metodo usato ha violato i disposti del Testo Unico Ambientale che impone forme concertate e condivise con le Regioni sulla ripartizione degli stanziamenti autorizzati da ciascun programma di intervento. Anche la posizione del ministero dell’ambiente, che presiede il comitato istituzionale tramite il ministro, o sottosegretario delegato, è da stigmatizzare poiché non solo nulla ha fatto per sospendere la seduta o reinviarla appena si è accorto del vulnus procedurale venutosi a creare, ma addirittura ha accelerato, non prendendo neanche in considerazione il parere contrario scritto della regione Umbria, per pervenire alla approvazione a maggioranza della deliberazione di programmazione di detti fondi sul solo territorio romano ”.