Pescara, Simona Marchini inaugura il Festival del cortometraggio

Ventesima edizione a Pescara del Festival del cortometraggio Scrittura e Immagine, promosso dalla Fondazione Tiboni e dai Premi Internazionali Flaiano. La prima serata è stata inaugurata da Simona Marchini e dalle sue “Trame d’autore”.

E’ nato quando ai corti si guardava con sospetto, come fossero opere registiche realizzate con la mano sinistra. Quando si è capito che i corti rappresentano un universo a se stante – durano di meno ma hanno la stessa dignità dei lunghi – il Festival internazionale del cortometraggio “Scrittura e immagine” di Pescara era già lanciato. L’edizione di quest’anno, la ventesima, si presenta quanto mai ricca, con oltre 2.200 corti provenienti da tutto il mondo. Tra i Paesi più rappresentati figura senza dubbio l’Iran, che ha portato al Festival circa 187 corti.

 

“A tutti coloro che ci hanno scelto – ha dichiarato Carla Tiboni, presidente della Fondazione intitolata al padre Edoardo – voglio dire 2.200 grazie. L’edizione di quest’anno testimonia quanto il Festival del cortometraggio Scrittura e immagine sia cresciuto negli anni, anche a livello internazionale”.

 

L’appuntamento del 2018, promosso come sempre dalla Fondazione Edoardo Tiboni e dai Premi Internazionali Flaiano e presentato dalla giornalista Gigliola Edmondo, è stato inaugurato ieri al Mediamuseum di Pescara con un ospite d’eccezione, Simona Marchini, che ha presentato le sue “Trame d’autore. Sei artisti, sei scrittori, sei registi”. La Marchini, attrice, regista, gallerista e donna di cultura, ha riunito in un unico progetto il linguaggio delle arti visive, della letteratura, mettendoli in comunicazione attraverso gli stili del racconto cinematografico breve.

 

“Da trent’anni convivo con amici legati a un mondo culturale e artistico che, alternando intensità di intenti e trasformazioni, ha comunque conservato una significativa coesione. – ha spiegato Simona Marchini – Si tratta di scrittori, artisti e operatori culturali di varia natura. E’ in nome di questa comunità, che oggi è forse più compatta e più consapevole di 30 anni fa, che abbiamo dato vita, l’anno scorso (20 giugno 2016) al Globe Theatre a una serata che mostrasse e difendesse la dignità culturale di Roma in tutte le sue forme. In qualche modo  l’invenzione del progetto “Trame d’autore” realizzato per la Festa del Cinema di Roma è un segno di continuità e di presenza tangibile di questo mondo di amici e compagni di percorso. L’originalità della proposta sta nel rapporto fortemente connesso tra scrittore e artista visivo, coordinati da un regista e dall’apporto straordinario di attori di grande valore, tra gli altri, Gigi Proietti, Roberto Herlitzska, Luca Zingaretti, Alessandro Haber, Giorgio Marchesi, Lorenza Indovina, Emanuele Propizio , la stessa Simona Marchini e i giovani esordienti Gloria Carovana e Francesco D’Alesio”.

 

Quello della Marchini è stato un esperimento inedito e coraggioso, così commentato da Lea Mattarella, critica e storica dell’arte:

 

“C’è un set, un regista, gli attori, uno scrittore, un dipinto o una scultura. Le parole si appoggiano all’opera d’arte, come quando Pizzi Cannella racconta la sua grande tela, L’ambulanza, che trova una fratellanza con un dipinto attribuito a Van Gogh, scovato chissà dove. Come se tutti i quadri del mondo fossero stati soccorsi, curati, salvati. A volte è soprattutto una questione di sguardi: quelli dipinti da Marina Sagona trattengono un segreto, drammatico solo per chi lo ha tenuto nascosto: una donna, anzi molte donne che ne abitano una, inafferrabile anche quando si confessa. Capita che l’opera si animi. Succede con quella di Giuseppe Salvatori, dove in superficie galleggia un mondo risvegliato, tra maschile e femminile. La stratificazione dell’opera di Roberto Pietrosanti tiene il ritmo di un racconto che attraversa la storia. E il Vecchio pino di Hidetoshi Nagasawa, da guerriero trafitto, si trasforma in una zanzara tigre di periferia. Nel dialogo tra l’uomo e il Monte Soratte non c’è spazio per nulla. Si può solo assistere in silenzio all’apparizione eroica dell’opera di Jannis Kounellis”.​