All’Aurum di Pescara dall’1 all’8 dicembre una mostra collettiva di Di Bernardo Rietti Toppeta sulla ludopatia con installazioni e video per invitare alla riflessione.
Una mostra per pensare, generare idee, riflessioni e considerazioni intorno alla delicata problematica della ludopatia, la dipendenza dal gioco d’azzardo.
“Il ludopatico è la prova vivente del fallimento del sogno e allo stesso tempo la testimonianza dell’irriducibile necessità di continuare ad avere un sogno: si desidera una vita in cui non dovrebbe essere necessaria la fatica della lenta costruzione del quotidiano, ma dove tutto accada per un fato salvifico. L’euforia del gioco è l’euforia della sfida”: così il critico d’arte Antonio Zimarino presenta la mostra ‘Ludopatia’, installazioni del collettivo Di Bernardo Rietti Toppeta, dall’1 all’8 dicembre 2018 (orario 17-20) nella sala Flaiano dell’Aurum a Pescara.
Le opere di Francesco Di Bernardo, Alessandro Rietti e Francesco Toppeta, collettivo attivo dal 2010 che lavora a sei mani su progetti monotematici, sperimenta pittura, scultura, installazione, fotografia, grafica e video arte.
“La prima ‘narrazione'” spiega Zimarino che ha curato la mostra, “viene generata e proposta da uno stimolo sonoro: nell’installazione dal titolo ‘Craving’ (bramosia) il suono sintetico di una macchinetta mangiasoldi è l’evocazione sonora della ricchezza possibile, della fortuna che verrà. A volte si interrompe, ma riprende incessante e si mischia con due note ripetute (un Mib e un Sib) che evocano un battito cardiaco. Vivere è sperare nella fortuna, è tensione alla possibile felicità, attesa del possibile e se la fortuna non è stata quel che speravamo, poco dopo tutto riprende uguale, in un ciclo infinito dove conta solo illudersi; una condizione espressa con il suono.
Nel video ‘Fruit Machine’ riprende il tradizionale movimento rotatorio della più famosa iconografia della macchinetta mangiasoldi: la rotazione, spiega Zimarino, genera le combinazioni e si attende quella vincente dei frutti allineati. Si gira incessantemente la ruota nell’attesa spasmodica della cascata di monete che daranno un significato a tutte le frustrazioni. Nel video”, osserva Zimarino, “i cesti di frutta sono reali come le persone che li sostengono. La musica incalza, cresce, ipnotizza: si è in attesa dell’evento, ma appare ciclicamente l’immagine di un fallimento. Il crescendo monotono evoca il video gioco e contribuisce all’ipnosi capace di descrivere lo stato semivegetativo del giocatore.
L’installazione ‘In – Cubo’vuole essere una plastica rappresentazione della trasformazione finale provocata dalla patologia dell’azzardo. Il box, il cubo di cartone, rappresenta sulle sue facce la simbologia del gioco delle slot; gli scatoloni sono i giocatori che dentro sono vuoti; di loro resta un involucro, annullati nel proprio esasperante desiderio di trovare ‘sorte’ benigna. La persona è diventata il “dado” da gioco e ciascuno si ritrova ammonticchiato l’uno sull’altro in una serie di cose svuotate.
Dal mio punto di vista l’arte non è affatto un gioco, ma è la disposizione di un ‘campo’ di gioco” afferma Zimarino. “L’arte, se è profonda, innesca il gioco dell’intelligenza, il gioco della decifrazione, della lettura e della comprensione ed è questo che considero il vero senso del giocare, perché capire e comprendere non sono ‘obblighi’, l’arte non è un gioco a premi, non è strumento di avanzamento sociale, ma apertura di senso e immaginazione. L’arte è il contrario dell’azzardo: costruisce la coscienza, propone scelte, motiva a capire se stessi e il mondo e credo che questa mostra ci offra ampiamente questa opportunità”.
Vernissage sabato 1 dicembre 2018 ore 17.30, con la performance “Il giocatore responsabile”: Simone Borghese, sax tenore, e Ida D’Andrea, voce narrante.