Marta Fana a Pescara, “Non è lavoro, è sfruttamento”. E’ stato presentato anche a Pescara l’ultimo lavoro editoriale di Marta Fana dal titolo: “Non è lavoro, è sfruttamento”. L’autrice del libro, Marta Fana che, lo ricordiamo tra l’altro ha conseguito un dottorato di ricerca in Economia a Parigi, ci propone un’attenta analisi sul mondo del lavoro.
Spiccato il suo senso giornalistico in quanto Marta Fana scrive per “Internazionale” e “il Fatto Quotidiano”. Ha iniziato l’attività di ricerca studiando appalti e corruzione e oggi si occupa di political economy, in particolare di diseguaglianze economico-sociali e mercato del lavoro.”.
Giovani e meno giovani costretti a lavorare gratis, uomini e donne assuefatti alla logica della promessa di un lavoro pagato domani, lavoratori a 3 euro l’ora nel pubblico e nel privato: questa è la modernità che paga a cottimo. Sottoccupazione da un lato e ritmi di lavoro mortali dall’altro. Diritti negati dentro e fuori le aziende per quanti non vogliono cedere al ricatto. Storie di ordinario sfruttamento, legalizzato da vent’anni di flessibilizzazione del mercato del lavoro. Malgrado la retorica della flessibilità espansiva e del merito come ingredienti indispensabili alla crescita sia stata smentita dai fatti, il potere politico ha avallato le richieste delle imprese. Il risultato è stato una cornice legislativa e istituzionale che ha prodotto uno sfaldamento del mondo del lavoro: facchini, commesse, lavoratori dei call center, addetti alle pulizie in appalto procedono in ordine sparso, non sentono più di appartenere alla medesima comunità di destino.
Le inchieste di Marta Fana sul Jobs Act e la sua lettera al ministro Poletti, condivise da migliaia e migliaia di lettori, hanno portato alla luce la condizione del lavoro in Italia, imponendola all’attenzione pubblica come voce di un’intera generazione. Dicevano: meno diritti, più crescita. Abbiamo solo meno diritti. La modernità paga a cottimo. Così dilaga il lavoro povero, spesso gratuito, la totale assenza di tutele e di stabilità lavorativa. È una condizione che coinvolge più di una generazione. Non più solo la generazione Erasmus e i Millennials, ai quali si è ripetuto il mantra dei giovani schizzinosi o emigranti per scelta. Ma anche le generazioni precedenti. Da troppo tempo si tace sulla perdita di diritti e sul crescente sfruttamento, la chiamano pace sociale. Ora è il momento di fare pulizia: il lavoro è la questione fondamentale del nostro tempo.