Confermata dalla Cassazione l’assoluzione ottenuta in appello nel 2017 da un professore, quarantenne pescarese, condannato in primo grado per tentati atti sessuali con minorenne. Inviò ‘messaggi amorosi’ ad una sua allieva di 13 anni, si appostò sotto casa della minore, tentò di abbracciarla.
Ad avviso del Sostituto procuratore generale della Suprema Corte, Giovanni Di Leo, doveva invece essere ripristinata la condanna pronunciata in primo grado dal Gup di Pescara nel 2016. Di diverso parere sono però stati i magistrati della Terza sezione penale della Suprema Corte che ha respinto il ricorso di padre e madre dell’adolescente contro il proscioglimento del prof. Per la Cassazione, dunque, non è ‘manifestamente illogica o contraddittoria’ la sentenza assolutoria che ha concluso come ‘la condotta complessivamente tenuta dall’imputato nel periodo dal dicembre 2014 al 15 gennaio 2015 non avesse evidenziato, in modo inequivoco, l’intenzione dell’appagamento degli istinti sessuali nè la lesione del corretto sviluppo della sfera sessuale, compreso il profilo della libertà di autodeterminazione della ragazzina’. “Ciò perche le premesse e l’evoluzione del rapporto tra i due – scrivono gli ‘ermellini’ – non necessariamente portava a ritenere che sarebbe seguito un appagamento sessuale dell’imputato”. Aggiunge la Suprema Corte che “tuttavia” la Corte di Appello dell’Aquila “non ha mancato di stigmatizzare la condotta del docente come incongrua, infantile, connotata da un assoluto analfabetismo culturale, in quanto indirizzata verso una allieva di 13 anni con cui aveva negligentemente instaurato una relazione privilegiata, del tutto inappropriata al contesto, senza tener conto delle inevitabili complicazioni psicologiche che avrebbero potuto derivarle”. Senza esito – se non quello di essere condannati a pagare le spese processuali – i genitori hanno fatto presente che “dal tenore dei messaggi inviati e dalle altre condotte del docente, l’appostamento sotto casa e l’abbraccio in biblioteca, era certo il tentativo di atti sessuali con la minore” anche perché “le offerte amorose erano chiare e finalizzate al contatto fisico”. Hanno inoltre criticato la “svalutazione giuridica del fatto” dipinto dai giudici aquilani come “‘una vicenda a colori pastello, innocente ed adolescenziale, frutto della mera immaturità del professore'”, ricordando che i pedofili usano “proprio condotte seduttive, apparentemente ingenue e giocose, ma pericolosamente circuenti”. Hanno infine ricordato che la perizia psichiatrica aveva evidenziato “il turbamento” della minore per il “segreto legame con il suo insegnante” alimentato “dalle confidenze che questi le faceva” e che “l’abbraccio aveva rappresentato una netta invasione dello spazio corporeo e psichico” della ragazzina.