Terremoto, duro attacco alle istituzioni dal Comitato 3,32. “Al Centro dell’Italia, ai margini del Paese. Ribelliamoci insieme”. Così in un comunicato stampa del comitato di cittadini 3 e 32, sorto dopo il sisma dell’Aquila del 6 aprile 2009, diramato a “due giorni dal terremoto di Ischia, un anno dal primo della lunga serie di scosse che devastò i nostri Appennini, più di otto anni dal terremoto aquilano”.
“Esprimiamo la nostra solidarietà con le persone che in queste ore stanno vivendo un primo doloroso anniversario – continua la nota del comitato che prende il nome dall’ora del terremoto che distrusse l’aquila e il circondario facendo 309 morti e oltre 1500 feriti -. Ormai da anni chiediamo, con modi e toni diversi, la messa in sicurezza dei nostri territori. Tanto è stato il tempo durante il quale abbiamo continuato a lottare con la fragilità e la precarietà delle nostre vite, per costruire un presente e un futuro migliore. Per chi vuole rimanere qui, ai margini di province che si vuole consapevolmente spopolare. Al centro di un Paese e di un continente, l’Europa, che ignora le fasce più deboli della popolazione e uccide i suoi abitanti”. Secondo il Comitato 3 e 32, l’Europa fa questo “con l’assenza di strategie pubbliche a medio e lungo termine per la sicurezza degli edifici pubblici e privati, con l’abbandono delle province e delle aree interne appenniniche, svuotate delle comunità e impotenti nel rispondere alle esigenze di quelli come noi: i senza reddito, i senza casa, i senza presente né futuro”. L’analisi a un anno dal sisma del centro Italia è impietosa: “nei centri colpiti dai terremoti del 2016 e dello scorso 18 gennaio lo Stato non esiste: è stato rimosso meno del 10% delle macerie, i paesi sono ancora del tutto svuotati delle comunità, costrette a sopravvivere altrove. Di quasi 4mila alloggi (provvisori!) promessi, ad oggi ne sono stati consegnati neanche 400”. “A L’Aquila, invece, di anni ne sono passati più di otto: la mancanza totale di una visione ha prodotto una non-città costituita interamente da periferie estese e poco abitate, da una comunità sfilacciata e dall’assenza cronica di certezze, reddito e futuro per chi non abbia mantenuto rendite di posizione o abbracciato la ricca causa del profitto selvaggio e della speculazione”. Il comitato chiede che le risorse destinate alle grandi opere “alle quali ci opporremo sempre”, siano dirottate “alla ripartenza dei nostri territori”, alla luce del fatto che “ovunque, vicino e lontano, chiudono i presidi ospedalieri di prossimità, franano le montagne, vengono transennate le scuole e avvelenate le acque”. Una inversione di tendenza “sarà possibile solo se ci ribelleremo tutti insieme al presente, per costruire insieme un futuro. La ricostruzione è un diritto, perché non esistono territori di serie A e territori di serie B”.