Per la micro impresa nella nostra regione, secondo i dati diffusi dalla CNA, è stato un 2019 da dimenticare. L’ Abruzzo ultima regione in Italia. Tra iscrizioni e cancellazioni perse 578 unità. Con Pescara al quartultimo posto tra le province.
La voglia di fare impresa non fa più rima con aggettivi come “piccola” o “micro”. E’ il quadro delineato dallo studio realizzato da Aldo Ronci per la Cna Abruzzo, su dati di Movimprese, analisi statistica trimestrale su iscrizioni e cancellazioni delle imprese condotta da InfoCamere, per conto di Unioncamere. Un quadro che conferma una crisi ormai di lungo periodo e relega l’Abruzzo al fanalino di coda tra le regioni d’Italia, perché i certificati di nascita delle imprese artigiane sono di gran lunga inferiori ai decessi. Un esito, questo, che chiama immancabilmente in causa, oltre alla ricerca delle ragioni, anche l’assenza di specifiche politiche di sostegno al settore da parte della Regione, ormai da diversi anni.
I dati, allora. Lo studio dice che a fronte di 1.713 iscrizioni, sono state registrate 2.291 cancellazioni, con una differenza negativa pari a 578 unità: cifra, illustra il curatore dell’indagine «che fa dell’Abruzzo un caso nazionale, visto che in valore percentuale le imprese artigiane hanno subito una flessione dell’1,91%, più che tripla rispetto al decremento italiano che è stato dello 0,58%. E nonostante il decremento in valore assoluto sia allineato ai quattro anni precedenti, la flessione percentuale (-1,91%) pone la nostra regione all’ultimo posto della graduatoria nazionale».
Sul piano territoriale, l’area di crisi più significativa delineata dalla ricerca di Ronci è quella pescarese, nonostante il segno “meno” accompagni mestamente tutte e quattro le province. A Pescara, però, la caduta si presenta decisamente più marcata che altrove, con 169 unità in meno, contro le 165 di Chieti, le 130 dell’Aquila e le 114 di Teramo. Numeri assoluti negativi, a loro volta inevitabilmente amplificati dalle percentuali, peggiori in tutti e quattro i casi della media Italia, ma con il Pescarese accreditato di un -2,33% che ne fa il quartultimo peggior risultato della graduatoria nazionale.
Quanto ai settori, le variazioni negative hanno colpito quasi tutte le attività economiche, con una punta più consistente nelle costruzioni (-270, con L’Aquila e Chieti più duramente colpite), seguite da industria manifatturiera (-199), trasporti (-69), riparazioni di auto e prodotti per la casa (-51), ristorazione (-18). Desertificazione che ha risparmiato solo servizi per la persona (+34), pulizia e giardinaggio (+22).
«Quella che si presenta ormai da anni come una vera e propria emergenza deve trovare risposte nelle politiche regionali, visto che l’Ente ha competenza esclusiva nel settore» dice il direttore regionale di Cna Abruzzo, Graziano Di Costanzo, che ricorda come «le associazioni del settore abbiano avviato un proficuo confronto con gli organi istituzionali della Regione, Consiglio e Giunta, per far presente le difficoltà del comparto, avanzare proposte, trovare soluzioni. Solo attraverso questo confronto e una comune presa di coscienza delle difficoltà in cui versa un settore determinante per l’economia abruzzese sarà possibile invertire questa tendenza negativa».