Un nuovo assetto che punta a dare soluzioni adeguate ai problemi della categoria, preservandone lo spirito mutualistico: a Pescara, all’Ud’A, si parla della riforma delle BCC.
“Il ruolo delle banche di credito cooperativo nel sistema bancario italiano. Il progetto di riforma”: questo il tema del seminario ospitato oggi nell’aula 31 dell’Università d’Annunzio di Pescara, nella facoltà di economia. Oltre al relatore del seminario, Augusto dell’Erba, presidente di Federcasse, hanno partecipato all’incontro anche il professore Giuseppe Mauro, della cattedra di macroeconomia della d’Annunzio, e Alfredo Savini, presidente BCC Abruzzo e Molise. L’impostazione della riforma del credito cooperativo introdotta con il decreto-legge n. 18 del 2016 – successivamente emendata – contiene alcuni elementi chiave, uno dei quali è il “gruppo bancario cooperativo”, istituto ex novo nel Testo unico bancario. In sostanza, oltre alla banca capogruppo, ne fanno parte anche le BCC affiliate attraverso un “contratto di coesione” e le altre società bancarie, finanziarie e strumentali controllate dalla capogruppo.
“La riforma – ha spiegato in un intervento pubblico Carmelo Barbagallo, capo del Dipartimento Vigilanza Bancaria e Finanziaria della Banca d’Italia – individua direttamente alcuni contenuti minimi del contratto “di coesione” che disciplina i poteri di direzione e coordinamento della capogruppo sulle BCC aderenti, la garanzia in solido delle obbligazioni assunte dalla capogruppo e dalle altre banche del gruppo, le condizioni di ammissione nel gruppo. La riforma individua direttamente alcuni contenuti minimi del contratto “di coesione” che disciplina i poteri di direzione e coordinamento della capogruppo sulle BCC aderenti, la garanzia in solido delle obbligazioni assunte dalla capogruppo e dalle altre banche del gruppo, le condizioni di ammissione nel gruppo. Nel nostro ordinamento, la cooperazione di credito gode di un doppio riconoscimento costituzionale. Come parte del più ampio movimento cooperativo, è protetta dall’art. 45 che riconosce “la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fine di speculazione privata”; nella sua funzione di intermediazione del risparmio e del credito, rientra nel particolare compito che l’art. 47 assegna alla Repubblica di incoraggiare e tutelare il risparmio in tutte le sue forme e di disciplinare, coordinare e controllare l’esercizio del credito. Le banche in forma cooperativa sono soggette, pertanto, a uno statuto doppiamente speciale: l’esteso sistema di regole e controlli che circonda l’attività bancaria per finalità di tutela del risparmio e della stabilità finanziaria si intreccia con la specifica disciplina posta a salvaguardia della mutualità. I due tipi di cooperazione di credito, le banche popolari e le BCC, presentano tratti profondamente diversi. A seguito di una lunga evoluzione storica, le popolari hanno conservato, della cooperativa, la forma giuridica e la struttura proprietaria basata sul voto capitario, ma si sono progressivamente allontanate dall’originaria connotazione mutualistica. Il loro processo evolutivo è sfociato, infine, nella riforma di gennaio 2015, che ha preso atto della configurazione assunta da queste banche e ha previsto, per quelle di maggiori dimensioni, la trasformazione in società per azioni. Le BCC, invece, si caratterizzano da sempre come vere e proprie cooperative con finalità mutualistica di servizio a favore dei soci, profondamente radicate nei territori di insediamento; la trasformazione in banca popolare o in banca spa è loro consentita solo in casi straordinari, autorizzati dalla Banca d’Italia nell’interesse dei creditori e per ragioni di stabilità. Nel confronto con il settore cooperativo non bancario, la mutualità delle BCC è perfino più accentuata, contrassegnata com’è dall’obbligo di operare prevalentemente con i soci e nel territorio di competenza. La coesione della categoria è rafforzata dal vincolo sulle riserve, non divisibili fra i soci né durante la vita della società né in caso di trasformazione o liquidazione”.
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