Una pizzeria ogni 267 residenti: va all’Abruzzo il primato nazionale, tra le regioni, nel rapporto pizzerie/residenti, lo dice una recentissima indagine, del Centro studi nazionale della CNA e da CNA Agroalimentare.
I dati sono stati diffusi in occasione della giornata mondiale della pizza. In questa speciale graduatoria, come illustra il rapporto diffuso dall’Ufficio stampa nazionale della confederazione artigiana, la nostra regione «precede Sardegna (un’attività ogni 273 abitanti), Calabria (285), Molise (307)» e perfino la patria d’origine della pizza, la Campania (335).
Dal punto di vista imprenditoriale, la passione degli italiani per la pizza, e quindi anche degli abruzzesi, si traduce anche in grandi numeri: le imprese coinvolte sono 130mila, con oltre 100mila addetti a tempo pieno che salgono fino a quota 200mila nei fine settimana; il fatturato si attesta attorno ai 15 miliardi, con un movimento economico di 30; e le pizze sfornate sono 8 milioni al giorno per quasi 3 miliardi l’anno.
Insomma, dice lo studio: “Per la pizza non c’è crisi che tenga, la crescita è costante. Tra il 2015 e quest’anno le imprese con attività di pizzeria sono cresciute da 125.300 a 127mila. Tra queste, 76.357 sono veri e propri esercizi di ristorazione, circa 40 mila sono ristoranti-pizzerie e quasi 36.300 bar-pizzerie. Dal punto di vista della suddivisione territoriale, in testa c’è la Campania con il 16% delle attività. Seguono, nell’ordine, Sicilia (13%), Lazio (12%), Lombardia e Puglia (10%)”.
Detto dei numeri generati dal “pianeta pizza”, non resta che gettare uno sguardo… alla teglia, ovvero ai gusti degli italiani in fatto di pizza. Lo studio della CNA ci racconta di una passione distribuita equamente tra i formati più disparati (rotonda, quadrata, a tranci, sottile, spessa, croccante o soffice), ma anche di una preferenza prevalente – quanto al tipo di cottura – per il forno a legna, con una scelta nel menu che privilegia, in rigoroso ordine di apparizione, marinara, margherita, napoletana o capricciosa.
Dalla tavola alla tasca del consumatore, infine. Facendo due conti, “la fascia di prezzo non supera in un caso su due i 7 euro, ma c’è una fascia di mercato (4%) oltre la soglia dei dieci euro per impasti speciali e ingredienti ricercati, come lardo di colonnata, tartufo o altro”.