Sisma L’Aquila: tentativo di infiltrazione del clan dei Casalesi. Dieci persone sono finite sotto inchiesta da parte della Procura della Repubblica.
Come imprenditori e professionisti ritenuti vicini al clan camorristico dei Casalesi, si sarebbe infiltrati in due imprese aquilane impegnate nella ricostruzione post-terremoto 2009, arrivando a distrarre, anche con imposizioni e violenze, attraverso operazioni fiscali fittizie, oltre 1 milione di euro, fino a causare il fallimento delle stesse. Dieci persone sono finite sotto inchiesta da parte della procura della Repubblica dell’Aquila con le accuse a vario titolo di bancarotta fraudolenta, frode fiscale ed estorsione. A otto di loro viene contestata l’aggravante di aver commesso il fatto con le modalità operative utilizzate da “soggetti organicamente inseriti, ovvero fiancheggiatori dell’associazione camorristica denominata clan dei Casalesi”. L’obiettivo era quello, come si legge nei documenti, “di introdursi nel circuito economico della ricostruzione, in particolare attraverso la gestione di cointeressenze economiche e societarie, nonché mediante l’interposizione fittizia di aziende riconducibili all’attività dell’associazione camorristica attiva nell’area della provincia di Caserta, con propaggini anche in Emilia Romagna”. Ma il tentativo di infiltrazione nel cantiere più grande d’Europa è stato scoperto e sgominato. Tra i dieci indagati ci sono otto persone residenti in provincia di Caserta, tutti piccoli imprenditori titolari di aziende nel settore delle costruzioni, un avvocato del foro di Modena e una donna dell’Aquila, accusata di bancarotta, la cui posizione è più lieve visto che avrebbe subito la vicenda in quanto è subentrata come amministratore di una delle due società fallite, dopo la morte in un incidente di montagna, del compagno, anch’egli aquilano, che in origine amministrava le due imprese. Secondo la ricostruzione dell’ accusa, portata avanti dai pm aquilani, David Mancini e Fabio Picuti, uno degli imprenditori era diventato amministratore di una delle due imprese. La distrazione di fondi sarebbe avvenuta, tra le altre cose, attraverso una cessione di rami di azienda. Ai dieci è stata notificato, secondo quanto appreso, l’avviso di garanzia nei giorni scorsi all’atto dell’avviso di conclusione.