Cinquanta lavoratori del Centro turistico del Gran Sasso senza stipendio. Non c’è pace per i dipendenti della municipalizzata che gestisce gli impianti del Gran Sasso che oltre al danno di una stagione invernale senza turisti adesso devono fare i conti con quello che il sindacalista della Filt Cgil Domenico Fontana chiama “gioco al massacro tra amministratore unico e i revisori dei conti”.
In una dura lettera Fontana inquadra la situazione difficile in cui si trovano i 50 dipendenti, tra fissi e stagionali, dell’azienda che gestisce la stazione sciistica di Campo Imperatore. Per loro una Festa del lavoro amara, quella di ieri, perché non è arrivata la busta paga del mese di aprile, dopo che anche quella di marzo era stata erogata in ritardo. Questa volta, però, non sono vuote le casse aziendali, sottolinea la Filt-Cgil, i soldi ci sono, ma le somme necessarie per pagare le retribuzioni si tengono bloccate “mentre si cerca con calma di discernere, tra competenze per investimenti e spese correnti”, denuncia Fontana. Il problema sarebbe di tipo contabile secondo il sindacato, che attacca i dirigenti accusandoli di giocare a fare “gli azzeccagarbugli sulla pelle dei lavoratori”.
La stagione invernale della montagna aquilana, disastrosa a causa del meteo sfavorevole e dei problemi tecnici agli impianti che si è conclusa con meno di 50 giorni di apertura su cento, si è chiusa il 26 aprile con i numeri peggiori degli ultimi 20 anni. E in questa situazione s’inserisce la campagna elettorale, con il Gran Sasso facile “materiale” su cui si consumerà la sfida elettorale per le amministrative dell’11 giugno.
“Nel frattempo – aggiunge il segretario della Filt-Cgil – si dovrebbe programmare la stagione estiva e si dovrebbe accelerare sul piano degli investimenti da realizzare. Ma con queste premesse e con i lavoratori ancora una volta umiliati da meccanismi incomprensibili – dice – siamo di fronte all’ennesimo fallimento”. Fontana sollecita quindi l’intervento immediato del Comune dell’Aquila, perché “i lavoratori non possono pagare per guerre tra bande di coloro che dovrebbero garantire il futuro dell’azienda”.
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