Si stringe il cerchio intorno alla più misteriosa delle particelle, il neutrino che è nello stesso tempo anche il suo opposto nell’antimateria la cui esistenza era stata prevista negli anni ’30 dal fisico Ettore Majorana.
La più grande quantità di indizi mai raccolta su questa particella bizzarra arriva dall’esperimento internazionale Cuore (Cryogenic Underground Observatory for Rare Events) condotto in Italia, nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). Riuscire a catturare un neutrino di Majorana significherebbe infatti di spiegare i meccanismi alla base dei processi di creazione della materia, gli stessi che entrati in azione nei primi istanti dopo il Big Bang da cui è nato l’universo. I dati, in via di pubblicazione sulla rivista Physical Review Letters, sono stati raccolti fra aprile 2017 e luglio 2019 utilizzando un nuovo algoritmo che permette di amplificare i segnali dei rivelatori e di eliminare il rumore di fondo. Pesante una tonnellata e con i suoi 988 cristalli di biossido di tellurio sistemati in 19 torri di rame, l’esperimento Cuore indaga il fenomeno fisico che avviene quando, all’interno del nucleo, due neutroni si trasformano in due protoni ed emettono due elettroni e due antineutrini. Chiamato doppio decadimento beta, il fenomeno è possibile anche senza che vengano emessi dei neutrini. Questo può accadere perché, nel nucleo, uno degli antineutrini si trasforma in un neutrino: una trasformazione impossibile secondo la teoria di riferimento della fisica contemporanea, chiamata Modello Standard. “Abbiamo più che quadruplicato i dati raccolti e siamo tra gli esperimenti più sensibili al mondo nella corsa alla scoperta di questo decadimento raro”, rileva il coordinatore della collaborazione Cuore Oliviero Cremonesi, della sezione Infn dell’Università Milano Bicocca. Il nuovo algoritmo all’origine di questi risultati permetterà inoltre di utilizzare l’esperimento Cuore per andare a caccia delle particelle considerate fra i migliori candidati della materia oscura, chiamate Wimp (Weakly Interacting Massive Particles, ossia particelle massive che interagiscono debolmente). “Siamo entusiasti del nostro rivelatore, che al momento funziona con un’efficienza prossima al 90%”, dice Carlo Bucci, coordinatore tecnico e responsabile italiano dell’esperimento.