“Non c’è stato mai un poeta tanto adorato in vita come Gabriele D’Annunzio, amato come una rock star, un genio a 360 gradi e tanto odiato poi post mortem. Elsa Morante diceva che era un imbecille e Pier Paolo Pasolini lo detestava. Ed è una cosa davvero strana perché D’Annunzio e Pasolini avevano qualcosa in comune, erano entrambi poeti-soldato, pronti ad uscire dalla trincea e a prendersi un colpo in fronte”.
Così Sergio Castellitto, che lo ha interpretato in Il Cattivo Poeta, sorprendente opera prima di Gianluca Jodice in sala dal 20 maggio con 01 in 200 copie, presentata oggi. Un progetto ambizioso, filologico e soprattutto che è riuscito a contenere l’incontenibile, ovvero un personaggio eclettico come Gabriele D’Annunzio. Cosa racconta il film? L’autunno della vita di D’Annunzio, quando il poeta preferiva la penombra pur di non vedere il suo corpo offeso dal tempo. Un poeta comunque ancora scomodo, imprevedibile, “un dente cariato che o lo si estirpa o lo si ricopre d’oro” così si dice nel film che racconta appunto gli ultimi anni dell’artista-esteta e uomo d’azione, quando la sua ombra faceva ancora paura al fascismo. Siamo nel 1936 e Giovanni Comini (interpretato da Francesco Patanè), il più giovane federale d’Italia – e questo grazie al suo mentore, Achille Starace, segretario del Partito Fascista e numero due del regime – viene convocato a Roma per una missione delicata: sorvegliare Gabriele D’Annunzio e metterlo nella condizione di non nuocere. Mussolini teme infatti possa danneggiare la sua imminente alleanza con la Germania di Hitler. Ma il Duce non ha tenuto conto del fascino del Vate, così il disegno politico di Comini inizierà a vacillare e il giovane federale si troverà diviso tra fedeltà al Partito e ammirazione per il poeta.
IL CATTIVO POETA, prodotto da Matteo Rovere e Andrea Paris -coproduzione italo francese Ascent Film e Bathysphere con Rai Cinema – è stato girato quasi tutto dentro il Vittoriale sul Lago di Garda dove D’Annunzio morirà il primo marzo del 1938 a 74 anni. Nel cast anche Tommaso Ragno, Clotilde Courau e Fausto Russo Alesi.
“Per entrare nel personaggio mi sono tagliato i capelli completamente – spiega Castellitto – perché è la prima immagine che si ha di lui: un cranio senza capelli pieno di immaginazione e poesia. Ma nel film sono fondamentali sia l’incontro di questo artista nell’ultimo anno delle sua vita con questo giovane che, a differenza di lui, ha più futuro che passato e poi il Vittoriale, luogo dell’anima e archeologico di D’Annunzio”. “Certo c’è molta ambizione in questo film, ma forse è meglio che non avere affatto ambizione – dice con ironia il regista Jodice al suo primo lungometraggio – . Mi piaceva rappresentare questo poeta recluso in questo castello di Dracula tra donne e cocaina. Una specie di Nosferatu, ma comunque un personaggio scomodo mai inspiegabilmente raccontato dal cinema”. Spiega infine Francesco Patanè, attore che viene dal teatro e perfetto, col suo volto antico, nell’interpretare il personaggio complesso che fu davvero Giovanni Comini: “Mi sono documentato al contrario – dice – Ho cercato di dimenticare così tutto quello che sapevo di D’Annunzio, fare tabula rasa. Per interpretare Comini comunque ho fatto riferimento a quello che D’Annunzio dice a lui nel film: ‘sembri un giovane in guerra che non si era però immaginato bene cosa fosse davvero la guerra”.