”Per me l’alternativa è quello che si voleva fare nella Prima Repubblica, dalla Dc e dal Psi: un’area metropolitana dal porto di Ortona a Silvi. Ecco le vicende del porto dovrebbero far riflettere: a Pescara non c’è un porto, quello sta ad Ortona, che è un bacino vero e naturale”.
”C’è una megalomania prospettica dei politici pescaresi: ce l’hanno in tanti. Parlano di Grande Pescara, ma quale grande: si parla si e no di 200 mila abitanti, ma questi una metropoli vera l’hanno mai vista? L’Abruzzo è si e no un quartiere di Roma… quella che chiamano Nuova Pescara è si e no una città di medie dimensioni, non è una ‘Grande’ città”. Nel dibattito sulla NuovaPescara interviene anche il Pro Rettore alle attività culturali della Università D’Annunzio Stefano Trinchese, che di professione fa lo storico e che quindi prova ragionare su una visione temporale più ampia delle vicende umane, nel tempo e quindi nello spazio.
”Il mio timore è che tutto finisca in un aumento ‘burocratico’ della convivenza, e mi chiedo se al momento attuale c’è effettivamente un consenso che va al di là di un referendum svolto 5 anni fa, se c’è un coinvolgimento vero delle persone – prosegue il professor Trinchese – tutto questo andrebbe verificato e promosso. Ma non posso non sottolineare come in realtà Pescara non goda di una ‘grande’ identità: qui la ‘Grande Storia’ è passata scappando, di sbieco. A Pescara si è sì fermato Vittorio Emanuele II, ma per andare a Napoli, al Volturno… da Garibaldi. Qui anche Vittorio Emanuele III il fellone è passato, ma per andare a Brindisi dopo l’8 settembre. Non so se questa idea della Nuova Pescara possa rafforzare questa identità: da ragazzo ho visto tante villette liberty abbattute sul lungomare, ho visto la fine della Centrale del latte, della Stazione di Portanuova, insomma questa è una città che fagocita se stessa e non è un bene”. ”Pescara è veloce solo nell’annullare se stessa – conclude il Prorettore alle attività culturali – nel fagocitare il suo già scarso passato. E non parlo delle bombe durante la guerra, ma delle bombe dei palazzinari, dei villini rasi al suolo”.
“Anche chiamare porto quello di Pescara è da megalomani… Mettendoci dentro anche Francavilla e pure Chieti, che avrebbe la funzione di polo culturale. A Manoppello poi c’è già lo scalo merci. C’è insomma una piccolezza complessiva del disegno, che chiamano di ‘Grande Pescara’ mentre invece è di una ‘Piccola Pescara’. Ripeto il concetto: messa così è solo una media città, per farla Grande come da ambizioni avrebbero dovuto muovere le altre province, invece si può fare una Area grande”. Per Trinchese, Prorettore con delega alle relazioni con gli enti culturali nazionali e regionali, si evidenziano ”tutti i vistosi limiti culturali della classe dirigente locale: e di conseguenza l’opinione pubblica non riesce a pesare sul progetto e non le si danno gli elementi giusti per produrre dei giudizi”.
Lo storico quindi fa un appello generico ai dirigenti politici locali: ”Pensate meno pescarese, meno commerciale pescarese: uscite dal tunnel di Corso Vittorio e della mentalità bottegaia”. E il Prorettore apre ad una ‘necessità’: nel dibattito sulla Nuova Pescara c’è un convitato di pietra che è tutto l’ambito culturale. ”Mentre l’Università D’Annunzio è ponte tra i territori, dell’impatto di questo progetto su tutto il polo culturale, musei, biblioteche, istruzione, ecc non ne parla nessuno. Quando iniziamo?”