Quattro vittime in montagna nel giro di poche ore, tre sul Gran Sasso, una sul Terminillo. Le festività natalizie sono cominciate sotto i cattivi auspici delle insidie della montagna. L’esperto del Corpo nazionale del Soccorso alpino e speleologico, vicedelegato regionale, Rubino De Paolis, ribadisce: occorre prestare massima attenzione alla presenza di ghiaccio a volte poco visibile in alta quota.
Condizioni difficili quelle in montagna in questo momento, per la scarsa presenza di neve ed elevatissima presenza di ghiaccio molto duro che talvolta, per effetto dello scongelamento nelle ore più calde e poi congelamento in quelle notturne diventa uno strato sottilissimo, quasi invisibile, che tecnicamente viene chiamato “vetrato o verglass”, che spesso trae in inganno ed è facile incappare in scivolate lunghe e fatali. Ecco le circostanze che hanno portato alla morte dei tre escursionisti sul Gran Sasso e uno sul Monte Terminillo, nel Lazio.
Persone trovate in luoghi differenti: al Vallone dei Ginepri l’escursionista di Roseto; al di sotto dell’anticima della vetta orientale del Gran Sasso, a pochi metri dal rifugio Franchetti, i due escursionisti di Corfinio. Eppure condizioni molto simili di pericolo, come spiega il vicedelgato del Cnsas Rubino De Paolis: nonostante l’esperienza, ci sono dei momenti e delle condizioni nei quali, per ridurre ed evitare il rischio, è opportuno non avventurarsi in alta quota e rinunciare qualora ci si trovi di fronte a una situazione non facilmente gestibile. I ritrovamenti dei corpi senza vita dei due giovani della cordata e della donna scomparsa il giorno prima, sono avvenuti su sue differenti versanti, e in modalità diverse: la donna si era avventurata da sola lungo la via che sale in vetta al Gran Sasso e molto probabilmente è incappata in una scivolata dovuta alla neve, infatti in questa fase e condizione climatica non c’è soltanto ghiaccio, ma anche dei consistenti riporti di neve causati dal vento, che si compattano e se sollecitati scivolano sul ghiaccio sottostante, per cui calpestandoli si può perdere l’equilibrio e finire a valle. Forse c’è stata anche una slavina, ma è difficile stabilire che cosa è davvero successo, sicuramente l’escursionista è scivolata per alcune centinaia di metri arrestandosi soltanto dove è cambiata la pendenza e vicino ad alcuni massi. I due ragazzi di Corfinio erano, invece, in cordata “legata in conserva”, una legatura particolare che si usa nell’alpinismo. La legatura “in conserva” si usa per determinati tipi di progressione, cambia a seconda che ci si trovi su ghiacciaio, su creste o ambiente innevato come quello dei due poveri ragazzi. Ha lo scopo di prevenire un’eventuale caduta o comunque trattenerla nell’immediato se è ben attuata riesce a garantire una progressione veloce e spedita, mantenendo buone condizioni di sicurezza.
Purtroppo le condizioni di ieri erano difficili e nonostante l’esperienza dei due ragazzi coinvolti non è stato possibile trattenersi l’un l’altro.
Rubino ribadisce l’importanza di
avere la capacità di tornare sui propri passi, rinunciare a un’escursione. Le persone esperte possono anche non aver bisogno di avvicinarsi alla montagna per capire le condizioni, mentre i meno esperti una volta sul posto dovrebbe valutare attentamente la condizione della montagna e rapportarlo alle proprie capacità. Siamo in una condizione in cui ciò che normalmente avviene in ambiente innevato, in cui una scivolata si risolve in pochi metri senza conseguenze, in altri – come è avvenuto – si scivola per quai mille metri e in qual caso è quasi impossibile non riportare conseguenze addirittura fatali.