Aggressione Lanciano: Spinelli, l’etnia non c’entra. Il musicista e docente universitario Santino Spinelli afferma: “Errori del singolo, non attribuirli alla comunità”.
“Esprimo ferma condanna per l’episodio di violenza avvenuto a Lanciano che ha coinvolto un tredicenne. Facciamo attenzione, però: l’errore è sempre del singolo, mai di un’intera popolazione o comunità. Perché evidenziare l’etnia di appartenenza come se un reato fosse a carattere etnico? Tutti gli italiani sono mafiosi, pedofili e terroristi?”. Alexian Santino Spinelli – musicista e ambasciatore della cultura romanì nel mondo, docente universitario, Commendatore Ordine al Merito della Repubblica Italiana – da Lanciano, la sua città, interviene nella vicenda che vede un diciottenne finito in ospedale, in prognosi riservata, vittima dell’aggressione da parte di un gruppo; identificati dai Carabinieri i presunti responsabili, cinque giovani nomadi di cui tre minorenni.
“Tutta la mia solidarietà e vicinanza sincera alla famiglia del ragazzo ferito che sta vivendo un dramma – aggiunge – Sono genitore e comprendo il dolore che provano”. “L’informazione, però, sia corretta e giusta, altrimenti diventa propaganda e istiga alla violenza. Razzismo e istigazione all’odio razziale sono crimini” dichiara all’ANSA, sottolineando il collegamento che molti lancianesi hanno visto tra l’aggressione al ragazzo e l’atto di vandalismo, il giorno dopo in città, sul Monumento al Samudaripen, il genocidio nazifascista dei rom e sinti. Episodio sul quale la Digos ha aperto un’indagine per danneggiamento e istigazione all’odio razziale. Ricorda Spinelli che in Abruzzo, nel territorio ‘frentano’ (Lanciano, San Vito Chietino, Fossacesia, Ortona, Atessa) “ci sono 300 rom italiani di antico insediamento (discendenti dal gruppo arrivato nel XV secolo dall’Impero Bizantino). Il 90% sono più che integrati: sono imprenditori edili, hanno imprese di pulizia, sono fornai, pizzaioli, commercianti al dettaglio, camerieri, musicisti, imbianchini, muratori, commesse, ragionieri. Ci sono attivisti e associazioni rom che promuovono arte, cultura, dialogo interculturale. Solo il 10% vive un forte disagio sociale, ma solo gli episodi di disagio finiscono nella cronaca, mentre spesso si ignorano lingua, cultura, tradizioni, arte dei rom. La responsabilità è sempre soggettiva, chi commette un reato ha nome e cognome. Non facciamo di tutti i rom un capro espiatorio”.