È entrato nel vivo, con l’esame dei testimoni citati dall’accusa il processo dinanzi al giudice del Tribunale di Chieti, Andrea Di Berardino, alle due dipendenti delle Case di Riposo di Chieti accusate di circonvenzione di incapaci, entrambe sospese dal lavoro, ed entrambe presenti ieri in Aula.
La vicenda ruota intorno a prelievi effettuati fra il 2008 e il 2014, per un totale di oltre 120.000 euro, dai libretti postali di cinque donne ricoverate della struttura e con problemi di deficienza psichica e di ritardo mentale grave. Le vittime, secondo l’accusa, venivano accompagnate all’ ufficio postale per prelevare somme di denaro dal proprio libretto facendo credere loro che i soldi servivano per piccole spese personali quando in realtà erano ospiti a totale carico della Asl. Soldi che, sempre secondo l’accusa, sarebbero invece finiti alle due dipendenti. Dal processo emerge che, a fronte di prelievi anche di consistente importo, come nel caso di due prelievi effettuati lo stesso giorno per un importo di 5.000 euro ciascuno da altrettanti libretti, non sono state mai state trovate ricevute o fatture per acquisti di alcun genere.
Fra i testimoni sono stati sentiti il funzionario contabile Luisa Caramanico e due ex presidenti delle Case di Riposo, Federico Gallucci ed Elio Tilli, ed è proprio da una segnalazione fatta da quest’ultimo alla Procura della Repubblica che è nata l’inchiesta condotta dalla sezione di Pg della Polizia di Stato presso la Procura del capoluogo teatino, e dalla Guardia di Finanza che venne incaricata di vagliare i conti correnti bancari delle due imputate. È inoltre emerso che fino al 2014 non si era mai posto il problema di nominare tutori o amministratori di sostegno alle persone ricoverate, procedura alla quale si diede avvio non appena venne alla luce il caso degli ammanchi dai libretti e che fu proprio Tilli a dare disposizione affinché si attivasse l’affidamento ad un tutore. Peraltro era stato lo stesso Tilli, esaminando alcuni libretti che erano custoditi nella cassaforte della struttura, a riscontrare prelievi di denaro che non sembravano giustificati.