Se uno dei principali meriti di un artista – talvolta anche la sua principale condanna – è regalare visioni che non vediamo, immagini nascoste, sguardi che vanno oltre, allora Ettore Spalletti è stato quanto mai munifico.
Oggi l’addio a Spalletti. Il funerale alle 16 a Città Sant’Angelo nella cappella realizzata dall’artista.
I suoi doni sono arrivati impacchettati con la carta e i nastri delle feste, pronti da scartare con la gioia dei bambini a Natale.
Gigante di fama dell’arte concettuale internazionale, Ettore Spalletti è rimasto uomo schivo, pacato e gentile. Abruzzese per nascita e per scelta, era nato a Cappelle sul Tavo nel 1940 ed è rimasto a vivere nella zona – casa e studio a Spoltore, paesaggio interiore prima ancora che luogo per/da dipingere. Curioso che un cultore del colore del mare – l’azzurro – abbia preferito impastarlo tra le dolci colline pescaresi, ma dopo tutto è stato lo stesso Spalletti, indirettamente, a spiegare questa magia artistica:
“Il colore, come si sposta, occupa lo spazio e noi entriamo. Non v’è più la cornice che delimitava lo spazio. Togliendola il colore assume lo spazio e invade lo spazio. E quando questa cosa riesce, è miracolosa”.
Dalla metà degli anni Settanta Spalletti si è impegnato nella ricerca volta all’indagine e alla valorizzazione del tono cromatico. Pittore e scultore, le sue opere assorbono e restituiscono luce contemporaneamente. Le “trappole” con cui la cattura sono essenziali, semplici e formalmente eleganti, si inseriscono armoniosamente nello spazio che abitano e che le abita. Non a caso nel 2017 la Facoltà di Architettura dell’università d’Annunzio di Pescara ha conferito all’artista la Laurea Honoris Causa.
Spalletti, in quella occasione, ha ricordato gli anni 70, straordinari per una città come Pescara, che seppe accogliere le proposte più innovative dell’arte contemporanea.
“Si viveva di poesia, musica, cinema e di passeggiate sul mare. Adesso, tornando a camminare sulla riva, davanti a questo dono meraviglioso che ci è stato dato, che riempie la città di qualcosa di speciale, ho pensato che forse sta succedendo qualcosa di straordinario: che nel futuro vivremo per dare, non per avere come sta accadendo adesso. Quando riusciremo a pensare alla nostra vita e al desiderio del dare, allora penso che le strade diventeranno dritte, i palazzi si allineeranno nel desiderio di costruire una via ospitale. Le colline si ammorbidiranno e scenderanno sul mare come delle poesie. Questo verde che aleggia sul mare un tempo ci restituiva qualcosa che ancora oggi mi porto dentro come desiderio. Non so dirvi di più”.
Le opere di Spalletti sono state esposte nei principali musei del mondo e hanno arricchito le più importanti mostre d’arte internazionali, tra le quali Documenta di Kassel e Biennale di Venezia.
La “pratica pittorica che diventa rituale, votata al trascendente” viene raccontata da Alessandra Galletta nel documentario “Ettore Spalletti, Italia”. L’opera di Spalletti è narrata attraverso lo studio della sua pratica, ma anche con il racconto della vita quotidiana “un’esistenza semplice e stanziale, vissuta profondamente, che offre molteplici spunti per la comprensione della sua poetica”. La prima italiana del film è in programma il 16 novembre allo Schermo dell’Arte di Firenze. Mentre è già in corso, fino al 3 novembre, al NMNM (Nouveau Musée National de Monaco a Montecarlo) la mostra Ombre d’azur, transparence, a cura di Cristiano Raimondi, dedicata a Ettore Spalletti.
Entrambi gli eventi, ideati prima della morte di Spalletti, confermano la grandezza dell’artista. Del resto fu per lui e solo per lui che ben tre istituzioni museali italiane si fecero sinergiche e realizzarono la grande mostra Un giorno così bianco, così bianco allestita al Maxxi di Roma, alla GAM di Torino e al Museo Madre di Napoli nel 2014.
L’ultima mostra pescarese di Ettore Spalletti è stata ospitata nel 2017 dalla galleria Vistamare. Ad abbracciare l’artista il doppio legame – d’azzurro e di sangue – con la nipote Benedetta Spalletti.