Un omicidio d’impeto scaturito da questioni economiche: fu questo decretare la fine di Renata Rapposelli, la pittrice teatina per la cui morte sono stati condannati l’ex marito e il figlio.
Nelle motivazioni della sentenza di condanna dei due uomini – il 70enne Giuseppe Santoleri e il figlio Simone, di 46 anni – i giudici (giudice estensore Lorenzo Prudenzano) indicano in Simone Santoleri l’autore materiale principale dell’omicidio. Per i giudici, infatti, gli elementi di prova emersi in dibattimento “convergono in modo granitico nella rappresentazione del coinvolgimento diretto di Santoleri Simone nell’omicidio della madre quale autore materiale. Si tratta di indizi gravi, precisi e concordanti che scaturiscono dai fatti accertati e dalla logica”.
Nelle motivazioni della sentenza con cui i giudici hanno condannato Simone a 24 anni per omicidio e tre per la soppressione di cadavere, e il padre Giuseppe a 21 anni per omicidio e tre per soppressione di cadavere, si legge infatti che Simone “nutriva un risalente e mai sopito disprezzo per la figura materna; aveva manifestato in più occasioni uno spiccato interesse in merito alle vicende economiche che riguardavano il padre e la madre con particolare riferimento all’assegno di mantenimento Imposto a Santoleri Giuseppe nell’interesse di Renata Rapposelli; aveva pronunciato, durante una conversazione con la sorella di poco precedente alla scomparsa della madre alcune gravi minacce condizionate al protrarsi delle insistente della madre”. Inoltre, “aveva riconosciuto la propria responsabilità per l’omicidio di fronte ad alcuni detenuti”. In ogni caso non vi sarebbero elementi tali da far ritenere che l’omicidio fosse premeditato. Secondo i giudici, per i quali lo stesso Giuseppe ha partecipato attivamente all’omicidio, “appare infatti ragionevole – come si legge ancora nelle motivazioni – che l’invito a Giulianova di Renata Rapposelli con il pretesto (falso) della grave patologia a carico di Santoleri Simone fosse stato funzionale a favorire l’avvio di ulteriori trattative con la persona offesa e a far desistere quest’ultima dal mantenere ferme le proprie pretese in ordine alle somme dovute per il mantenimento”.