Lo scioglimento del nevaio del Calderone “colpa” della siccità invernale. Lo scenario delle cime del Gran Sasso e dei Monti della Laga senza neve l’inverno scorso è stato come un pugno in un occhio, una nota stridente e desolante.
E’ stato proprio lo scarso innevamento invernale, soprattutto tra novembre e dicembre, e i venti di grecale che hanno portato tanto freddo spazzando via la poca neve caduta in quota, a contribuire alla scomparsa del nevaio che ricopre di solito il ghiacciaio del Calderone. O meglio, quel nevaio non si è realmente mai formato nella passata stagione invernale. Non è stata la siccità estiva a scioglierlo: è “colpa” più che altro delle mancate precipitazioni nevose nel corso dell’inverno, e della mancanza di quelle correnti nord atlantiche che appunto portano neve.
E’ l’effetto dei cambiamenti climatici che avvengono a livello globale. Ma il più grande ghiacciaio meridionale d’Europa, il Calderone, gode ancora di un buono stato di conservazione nella sua parte cosiddetta “fossile”, al di sotto dei detriti rocciosi, e misura tra i 15 e i 25 metri.
Un sos, quello della paventata “scomparsa” del ghiacciaio del Gran Sasso, lanciato dagli alpinisti che si sono avvicinati al ghiacciaio nei giorni a cavallo di Ferragosto.
Non è proprio così. A spiegare cosa sta succedendo è l’Associazione meteorologica “L’Aquila caput frigoris”, costituita da un gruppo di appassionati di montagna e di meteorologia che dal 2003 porta avanti un sistematico monitoraggio proprio del Calderone.