Pubblichiamo la lettera che una telespettatrice ha voluto scrivere alla sua città, Pescara. Chissà che molti Pescaresi non si ritrovino in essa.
Che strana questa città che incuriosisce chi non la conosce e una volta scoperta ci torna. Che strana questa città, porto di mare e punto di passaggio di volti, anime perse o ritrovate, etnie esotiche o vicine. Che strana questa città che non chiede la carta d’identità a chi va, a chi viene, a chi resta. Che strana questa città che vive di mare e dal fiume prende il nome ma che spesso del mare e del fiume non si cura affatto. Che strana questa città, aspira ad essere una piccola metropoli e spesso non riesce nemmeno a tenere pulita una piccola via e delle metropoli ha solo le periferie, come come fossero altro dal cuore cittadino. Che strana questa città, di d’Annunzio e Flaiano, ferita dalle bombe e risorta dalle sue ceneri, forse troppo in fretta e dimentica la sua storia apparentemente moderna ma millenaria nella sue viscere. Che strana questa città che in estate ubriaca manco fosse una piccola Las Vegas e in inverno mette l’abito più sobrio e stupisce, quando nevica sul mare o a Natale, quando mette su luci e colori. Che strana questa città vista dall’alto quasi ad essere un gabbiano, dalle strade squadrate e dritte ai palazzi e alle ville in riva al mare o sui suoi colli, costruite così, troppo in fretta. Che strana questa città dove solo chi vi è nato ne può parlare male, ma guai a farlo dal di fuori. Sono così, i Pescaresi, un po’ come la loro città: che strana questa Pescara, la mia Pescara che a volte sembra un film straniero senza sottotitoli ma che penetra ossa e cuore con il suo mare e il suo fiume, come l’umidità, oh sì, quando ci si allontana, manca persino l’umidità… l’umanità, l’unicità. Dicono che siamo “Pescaracentrici”, ma che possiamo farci se questa città ti ipnotizza o ti mette alle corde, come un pugile suonato. Che strana la mia città, la mia Pescara, strana, sì, proprio come me.
Cordialmente, una vostra telespettatrice pescarese
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