A due anni dal sisma del centro Italia i geologi chiedono scelte chiare in materia di prevenzione e difesa del territorio.
“Ieri il secondo anniversario di quel doloroso 24 agosto 2016, quando un terribile terremoto colpi’ un’ampia fascia appenninica dell’Italia centrale portando con se’ lutti e distruzione e la memoria non puo’ non andare, innanzitutto, a chi non c’e’ piu’ e a chi ha perduto tutto, dai propri cari ai propri beni. E non possiamo non evidenziare i ritardi della ricostruzione e le difficolta’ dei tecnici, geologi ma non solo, a operare secondo procedure che anziche’ snellire e semplificare sono elefantiache e burocratizzate al massimo, come gia’ tante volte segnalato insieme alle altre professioni che aderiscono alla Rete delle Professioni Tecniche”. Queste le parole del Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi, Francesco Peduto, due anni dopo il sisma che ha distrutto il centro Italia.
“In questi due anni – continua il Presidente CNG – altri tragici eventi calamitosi si sono susseguiti (per restare solo agli ultimi giorni il viadotto Morandi a Genova, il terremoto del Molise, la piena del torrente Raganello in Calabria) e ogni volta si invocano piani straordinari di prevenzione e/o di messa in sicurezza e di manutenzione, che poi puntualmente cadono nel dimenticatoio non appena scema l’attenzione mediatica. Ma, ancora una volta, non possiamo non invocare la necessita’ di una scelta innanzitutto culturale di imboccare con decisione la strada della ‘prevenzione civile’ per l’attuazione di azioni e interventi sistematici per la salvaguardia di persone e cose, non piu’ procrastinabili in un Paese come l’Italia, geologicamente giovane, di frontiera e per questo soggetto di continuo a tutti i georischi”. Peduto prosegue: “Nel nostro Paese oltre il 90% del costruito e’ stato realizzato antecedentemente agli anni ’80, secondo normative vetuste e non piu’ adeguate, senza studi geologici, senza conoscenza dei rischi naturali ai quali ogni singolo manufatto potrebbe essere esposto e con criteri assolutamente non antisismici, perche’ allora la quasi totalita’ del territorio italiano non era classificato a rischio sismico. E’ facilmente immaginabile, quindi, quale possa essere lo stato di sicurezza non solo di strutture e infrastrutture strategiche quali ospedali, scuole, ponti, viadotti, ma di tutta l’edilizia pubblica e privata. Tante volte abbiamo fatto i conti di quanto costi allo Stato e ai cittadini la mancata prevenzione del rischio sismico e del rischio idrogeologico e di quanto si amplifichino i costi degli interventi ad evento accaduto rispetto all’agire in prevenzione, ma continuiamo a gestire queste problematiche quasi sempre con misure tampone ed emergenziali di protezione civile post-evento”.