Coronavirus Abruzzo: nella dialettica con i sindacati Confindustria Teramo chiarisce la posizione dell’associazione degli industriali in merito al fermo temporaneo delle attività non essenziali, come disposto dagli ultimi decreti.
Con una nota Confindustria Teramo chiarisce la propria posizione, riferendosi alla dialettica con i sindacati, in merito al fermo temporaneo delle attività non essenziali, come disposto dagli ultimi decreti governativi.
La stampa locale di lunedì u.s. ha riportato alcune esternazioni dei Segretari provinciali della FIM CISL e FIOM CGIL che, a tratti, appaiono più devastanti del virus che stiamo faticosamente combattendo.
Infatti, nell’appello inviato a S.E. il Prefetto di Teramo, è riportato: “Per questo è stato chiesto che le aziende che stanno provando a “forzare la mano” vengano subito fermate. Non è possibile, infatti, che con la scusa di mettere in sicurezza impianti e macchinari che non possono essere spenti per motivi di sicurezza (operazione che consentirebbe l’occupazione solo di qualche lavoratore) si facciano lavorare tutti gli operai portando avanti le produzioni come se nulla stesse accadendo ..…”.
A queste dichiarazioni, nell’articolo fanno eco quelle della Federazione provinciale del PCI che, addirittura, afferma “… ci pare criminogeno l’atteggiamento della Confindustria che intende continuare ogni genere di produzione non essenziale; che pone barricate; che intima AUT AUT al governo ..…”.
Sappiamo che in questo Paese il sentimento “anti impresa” è molto diffuso, ma non avremmo mai immaginato che si potesse riesumare una dialettica economica da passato remoto delle relazioni sindacali. Queste frasi ci dimostrano due cose: primo, che il Paese e la maggioranza dei lavoratori, per fortuna, sono evoluti e comprendono le ragioni delle imprese mentre una parte del Sindacato rimane ancorato a vecchi schemi che fa perdere i grandi valori che hanno segnato la storia del nostro Paese; secondo, che questa parte di Sindacato evidentemente ignora tutte le precauzioni messe in campo dalle aziende a tutela della salute e dell’incolumità di tutti i dipendenti.
Carissimi Segretari FIM-CISL e FIOM-CGIL provinciali, siete veramente convinti che gli Imprenditori teramani vogliano il male dei propri lavoratori? Possibile che non abbiate compreso che il capitale più importante di un’azienda non è rappresentato da macchinari, impianti e strutture, ma dal capitale umano che con esperienza, intelligenza e professionalità costituisce la colonna portante di un’impresa?
La verità è che la quasi totalità delle aziende teramane del settore metalmeccanico ha attuato le disposizioni governative, fermando la produzione già da lunedì mattina. Pochissime realtà, non appartenenti ai cosiddetti settori essenziali (parliamo di produzioni complementari), responsabilmente hanno chiesto al Prefetto di continuare l’attività produttiva con organici ultraridotti di oltre i 2/3, nel pieno rispetto della tutela e della salute di tutti gli operatori, per assicurare la continuità produttiva delle imprese inserite nell’elenco.
Vorremmo ricordare che Confindustria (e le imprese del Sistema) sin dal primo momento dell’emergenza ha dato la massima disponibilità al Governo e alle Istituzioni per contrastare la diffusione del virus e – se ha chiesto di mantenere aperte alcune attività produttive – lo ha fatto solo perché considera quelle produzioni “strategiche e necessarie” per il Paese.
Mai come in questo momento il Paese ha bisogno di unità d’intenti per combattere l’espandersi del coronavirus, ma con realismo dobbiamo anche pensare al “dopo Coronavirus” e alla situazione economica dell’industria.
Si evitino attacchi fuori luogo agli imprenditori e alle imprese con accuse infondate e facendo intendere di essere poco rispettosi delle norme e della tutela della salute dei dipendenti. Spegniamo immediatamente questo clima lontano dalla realtà di oggi, altrimenti si rischia di creare danni seri con risvolti pesanti sul piano economico e occupazionale.
Stringiamoci tutti attorno alla risorsa più importante che ci lega: “il lavoro”, fatto di fabbriche e lavoratori, ma fatto anche di ordini, produzioni, consegne, fatturato, incassi e distribuzione della ricchezza. Se blocchiamo ora tutta questa filiera rischiamo di ritrovarci tutti più poveri alla fine di questo incubo.