“La nostra è una fiaccolata silenziosa perché non c’è più niente e non abbiamo più niente da dire. Quello che dovevamo dire lo stiamo dicendo da anni. La verità è che creare delle discariche sociali fa comodo”.
Sono parole dure quelle di don Massimiliano De Luca, il parroco della chiesa dei Santi Angeli Custodi di via Lago di Posta a Pescara, e che raccoglie i residenti del quartiere Rancitelli. La manifestazione di questa sera è stata organizzata dalla associazione “Per una nuova Rancitelli” per ricordare la morte di Marco Cervoni, ucciso il 1 gennaio scorso dopo una lite al Ferro di Cavallo. Ma anche per tenere accesi i riflettori sulle tante problematiche del quartiere, alle prese con problemi di spaccio di droga. Don Massimiliano non risparmia critiche anche alla politica e alle istituzioni.
“Facciamo questa fiaccolata soprattutto per i residenti, per far prendere loro anche delle responsabilità perché molti hanno paura anche ad uscire di casa. Quando si dice che Pescara non è Scampia (parole dell’ex sindaco Alessandrini) significa mettere la testa sotto la sabbia. Quando il Prefetto sostiene che i residenti ingigantiscono i problemi di Rancitelli e del Ferro di Cavallo, vuol dire che c’è qualcosa che non quadra. Siamo stati noi i primi a dire che il Ferro di Cavallo andava abbattuto. Il sindaco Masci ha fatto sua la nostra proposta che avevamo fatto quando c’era stato l’incontro con tutti i candidati primi cittadini nella campagna elettorale. Il Ferro di Cavallo è un errore sociale che fa si che la povertà venga ghettizzata. Mettere insieme tutte queste persone significa ghettizzarle. Le periferie – prosegue don Massimiliano De Luca – sono delle vere e proprie discariche sociali. Io credo che che le case di edilizia popolare debbano essere in periferia ma anche in centro. Se si vuole fare veramente integrazione, bisogna costruire le case popolari un po’ in tutti i quartieri. Il problema è che nessuno le vuole avere vicino casa. E poi lo dissi qualche tempo fa. Per sconfiggere lo spaccio di droga bisogna colpire i clienti. Ma non il piccolo consumatore, ma i professionisti e i clienti in giacca e cravatta che assumono sopratutto cocaina”.