Operaio muore d’infarto: i familiari citano i datori di lavoro. I familiari di un operaio teramano sono più che l’infarto che ha stroncato il loro congiunto di 54 anni siano state le conseguenze delle dure mansioni svolte come svolte come taglialegna.
L’uomo, infatti, operaio addetto di una società partecipata del Comune di Teramo, che gestisce la manutenzione del verde pubblico, sposato e padre di una ragazzina di 14 anni, soffriva di cuore e le sue condizioni si erano particolarmente aggravate nell’ultimo periodo. L’operaio era stato giudicato non idoneo a svolgere le mansioni previste dal suo contratto di assunzione, tra queste lo spostamento di carichi pesanti e l’utilizzo di attrezzature vibranti. Malgrado le limitazioni però all’operaio venne chiesto di svolgere ugualmente il suo lavoro. In seguto al taglio di un albero particolarmente grande, l’operaio accusò un malore e si rese necessario il suo ricovero in ospedale a Giulianova. Sottoposto ad un intervento chirurgico, il taglialegna rimase in malattia per diversi mesi. Fu licenziato per superamento del limite massimo di malattia. Si rivolse ad un legale ma proprio mentre doveva dar seguito alla sua azione legale, un altro infarto ne ha provocato il decesso. I familiari chiedono ora al giudice del lavoro di fare chiarezza e di garantire giustizia per l’operaio deceduto.