All’una meno dieci di questa notte una scossa di magnitudo 3.4 con epicentro tra il Comune di Pizzoli e quello di Barete e un ipocentro di 11 chilometri di profondità. E torna la paura nell’Aquilano.
Dove da settimane è in atto uno sciame sismico al quale non ci si abitua mai. Dall’inizio dell’anno la scossa più forte è stata quella con epicentro a Perugia di magnitudo 4.1 del 2 gennaio, seguita da quella di stanotte dell’Aquila e una di 3.3 sempre a L’Aquila. Decine le scosse al di sotto di 3.0 di magnitudo, difficilmente avvertite dalla popolazione. Da alcuni giorni un altro epicentro ricorrente è quello di Campobasso che potrebbe far pensare che la dorsale appenninica è sottoposta a movimenti tellurici che si spostano verso il meridione.
Dopo il terremoto dell’aprile del 2009 e in particolare dopo la replica di 5.5 del 7 aprile, il rilascio di energia ha interessato prima Montereale, con il devastate terremoto del 24 agosto, poi i Monti sibillini a fine ottobre; adesso, sta interessando più a sud la struttura sismica di Barete-Pizzoli-Arischia, ben nota in letteratura scientifica in materia di terremoti, e associata all’evento del 1703. Ma che cosa sta succedendo nell’Appennino centrale? Il sismologo aquilano e collaboratore di ricerca all’università dell’Aquila, Christian Del Pinto, analizza la situazione da un punto di vista scientifico. “Dopo l’evento principale del 24 agosto su Amatrice, lo stress prodotto sta interessando le strutture sismo-genetiche adiacenti, a nord ha avuto un esito, il 30 ottobre scorso, abbastanza importante sui Monti Sibillini, a sud il rilascio di stress sta interessano prima la struttura di Montereale, e adesso stiamo registrando una serie di eventi associabili alla struttura Barete-Pizzoli-Arischia.
Che cosa significa? La struttura in questione è ben nota in letteratura scientifica, associata al terremoto del 1703 come causa. Quindi è una struttura ben nota e caratterizzata e localizzata. Una zona interessata adesso, ed è un fattore ‘nuovo’ nella descrizione di questa evoluzione a cui stiamo assistendo da agosto e che ci suggerisce che non si è raggiunta ancora una situazione stabile dal punto di vista sismo-genetico nell’area”. Ma questo non può farci pensare che allora la faglia si sia scaricata e che non ci saranno altri terremoti di maggiore intensità; e nemmeno che ci sarà una scossa di terremoto più forte. I terremoti, infatti, non si possono prevedere.
La scienza non ha ancora le carte in regola per poter prevedere i terremoti. “Questa evoluzione è in corso, ci saranno sicuramente altre scosse; non si tratta di una previsione, bensì di una constatazione. Finora la maggior parte degli sciami non stanno evolvendo verso situazioni importanti, però escludere a priori una qualsiasi possibile evoluzione, equivarrebbe a fare una previsione – spiega il sismologo – e previsioni nel campo sismico non si possono fare”.
Se i terremoti si potessero prevedere la sismologia diventerebbe una scienza esatta, ma quel momento è ancora lontano dal venire e, al contrario, oggi si lavora ancora oggi su modelli, analisi dei dati e statistiche.
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