Una criminalità “economica con modalità moderne” che punta a realizzare, attraverso frodi informatiche, veicolate da fondi ottenuti in maniera illecita, una serie di operazioni di riciclaggio in beni mobili (acquisti su siti e-commerce) e immobili (proprietà in Nigeria) per una economia globale parallela apparentemente lecita che danneggia il sistema economico italiano.
A scoprire l’attività illecita è stata la Procura Distrettuale Antimafia dell’Aquila nell’ambito dell’inchiesta ‘Hello Bross’ – condotta dalla Squadra Mobile dell’Aquila, dalla Sezione di Polizia Giudiziaria e dal Servizio Centrale Operativo – che ha portato all’arresto di 30 affiliati della mafia nigeriana appartenente alla Black Axe, presenti in 14 province italiane, con base operativa nel capoluogo abruzzese. Altri 25 nigeriani, come gli arrestati, risultano indagati per associazione di stampo mafioso finalizzate al compimento di numerosi reati tra cui traffico di stupefacenti, immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione, truffe romantiche, truffe informatiche e riciclaggio, per un totale di quasi 100 capi di imputazione. All’Aquila viveva il 35enne a capo dell’organizzazione che in due anni e mezzo di attività ha commesso frodi per circa un milione di euro.
Arrivato in Italia su un barcone dalla Libia e sbarcato a Pozzallo nel 2014 l’uomo era finito al Centro di Prima Accoglienza all’Aquila, dove viveva in un appartamento regolarmente affittato e pagato, in maniera insospettabile. Proprio seguendo il capo per due anni, la polizia ha ricostruito la complessa attività che ha toccato le province di Roma, Rieti, Bari, Caserta, Napoli, Reggio Emilia, Parma, Modena, Catania, Genova, Messina, Potenza e Terni.
“Ci siamo imbattuti – ha spiegato il procuratore distrettuale Antimafia dell’Aquila, Michele Renzo nel corso di una conferenza stampa – in una sorta di evoluzione della mafia, caratterizzata da una criminalità economica con modalità moderne. In un momento in cui ci si interroga tanto sulla presenza degli stranieri in Italiae in cuiagiona tanto sull’integrazione la prima cosa che dobbiamo tenere presente è che non c’è integrazione senza regole”.
Della struttura dell’organizzazione criminale sono stati individuati i vertici nazionali e i componenti delle articolazioni periferiche (Forum) presenti in diverse città italiane. Gli indagati si sono resi autori di numerosi reati, in prevalenza rientranti nel cybercrime: una particolare forma di truffa informatica consisteva nell’acquisto di bitcoin con i quali venivano poi comprate, nel mercato del darknet, le carte di credito clonate utilizzate per l’acquisto di beni e servizi sui siti e-commerce.
“La peculiarità dell’operazione odierna, che più ci ha colpito sta nell’aspetto patrimoniale dell’impegno criminale, deriva significativa nel campo del riciclaggio di denaro”. A sottolinearlo è il direttore della Centrale Anticrimine della polizia, Francesco Messina, nella conferenza stampa all’Aquila per illustrare l’operazione che ha portato a smantellare una pericolosa rete criminale nigeriana. “L’organizzazione però – ha aggiunto – non ha affatto disdegnato il traffico di stupefacenti, prostituzione e accattonaggio Quest’ultimo praticato fuori i supermercati, rappresenta anzi uno dei passaggi iniziatici. Queste organizzazioni nigeriane sono sempre più pericolose, basti pensare che in Campania, hanno oramai un livello di pariteticità con la camorra autoctona”. Per Fausto Lamparelli, direttore del Servizio centrale operativo della Polizia, “per riciclare il denaro veniva usato un sistema antico e raffinato, che consente di riciclare ingenti somme, di illecita provenienza, inviando i soldi in Nigeria ma anche col criterio delle somme regolarmente acquisite attraverso attività come gli African Shop diventati punto di riferimento per coloro che vogliono trasferire somme in Nigeria, sia da proventi leciti che illeciti”. “L’attività di indagine – ha sottolineato il capo della Squadra mobile dell’Aquila, Marco Mastrangelo – complessa ed articolata, ci ha permesso di verificare partendo dallo spaccio di droga una attività criminale molto più estesa ed organizzata con metodi innovativi ed informatici. È lo abbiamo fatto seguendo il capo che viveva all’Aquila e che era al centro della organizzazione che opera in tutta Italia con collegamento anche all’estero”.
“Abbiamo finalizzato una lunga indagine contro una organizzazione mafiosa nigeriana. Le indagini non nascono dal nulla, ma da un terreno di conoscenze nel momento in cui si ragiona tanto sulla presenza e la integrazione degli stranieri in Italia, dobbiamo tener presente che non c’è integrazione senza regole”. Così il procuratore capo dell’Aquila, Michele Renzo, capo della procura distrettuale antimafia abruzzese, nella conferenza stampa all’Aquila per illustrare la operazione che ha portato a sgombrare una pericolosa ed organizzata organizzazione criminale nigeriana. “Le indagini sono partite nel 2018, ricostruendo con puntiglio l’attività di questa organizzazione che risponde agli schemi dell’associazione mafiosa, ovvero dominio di un gruppo, imposizione del dominio con l’uso della minaccia della violenza, capacità di imporre le proprie regole – spiega ancora -. ‘Black Axe’ è una confraternita universitaria nata negli anni ’50 con le migliori intenzioni anti razzista e anti-colonialista, per poi degenerare in organizzazione mafiosa. Quando si pensa alla mafia nigeriana non dobbiamo pensare solo a spaccio e prostituzione, è una organizzazione che ha metodi sofisticati di criminalità economica. Una mafia che sta compiendo un ulteriore passo dalla violenza defragrante che incide sugli individui alla violenza sul sistema, perché questo è la criminalità economica. Nelle intercettazioni ha trovato conferma la consapevolezza propria pericolosità, la necessità di non dare nell’occhio, aspetto a cui attribuivano moltissima importanza”.