La sua verità su quella che ormai si può considerare una guerra tra camere di commercio il presidente dell’ente camerale dell’Aquila, Lorenzo Santilli, la spiegherà in una conferenza stampa questa settimana. Intanto il legale della Cciaa dell’Aquila ha depositato una diffida verso la Regione Abruzzo per la mancata fusione tra Camera di commercio dell’Aquila e quella di Teramo.
Con la giornata dell’Epifania, che ogni festa porta via, si torna dunque ai nastri di partenza. E la contrapposizione tra le due camere – quella di Teramo e quella dell’Aquila, sinora incapaci, come alter 18 in Italia, di portare a termine la sinergia nel rispetto della riforma voluta dall’allora ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, concretizzando la nascita della Camera di commercio del Gran Sasso d’Italia –approda sul terreno della battaglia legale. Come regalo natalizio, infatti, l’avvocato della Camera di Commercio dell’Aquila Francesco Camerini, ha depositato la diffida non contro la Camera di Commercio di Teramo – spiega Santilli – come è stato erroneamente riportato da alcuni organi d’informazione, bensì verso la Regione Abruzzo. Che avrebbe dovuto adempiere alla fusione, deliberata nel 2016, e non l’ha fatto – rimarca Santilli. Non vuole aggiungere altro il presidente della Camera di commercio dell’Aquila, pronto a incontrare la stampa nei prossimi giorni per spiegare il suo punto di vista e quello dell’intero ente camerale aquilano. Un punto di vista che si scontra, per ora, con quello della sorella teramana. Il presidente della Camera di commercio di Teramo Gloriano Lanciotti, infatti, resta irremovibile. Il 22 ottobre scorso il consiglio camerale aveva votato all’unanimità la revoca della delibera del 2016 che disponeva l’accorpamento. Subito dopo quel voto, Lanciotti ha inviato alla Regione quattro cartelle di delibera in cui viene ricostruita la situazione dal suo punto di vista.
Mentre Lanciotti attende il pronunciamento della Corte costituzionale in merito a un ricorso sulla normativa che impone le fusioni, convinto che sarà una risposta che agevolerà il mantenimento dell’autonomia della Camera di commercio, Santilli già all’indomani della riunione del consiglio camerale teramano aveva ribadito:
Bisogna capire se la fusione è persa o meno, perché il decreto del ministro di certo non può essere abrogato con una delibera di consiglio.
Dunque ora la palla passerà alla magistratura. La diffida consegnata nei giorni scorsi dal legale della Camera di commercio dell’Aquila chiama in causa direttamente la Regione, che avrebbe dovuto firmare (per mano dell’assessore alle Attività produttive Mauro Febbo) entro gennaio il decreto per la costituzione del nuovo consiglio camerale, e dunque stabilire i seggi di appartenenza alle associazioni che si sono candidate e il decreto di nomina dei consiglieri (ossia la governance camerale).
Il ministero aveva dato il via libera alla fusione già nel gennaio di tre anni fa; dopo la revoca della delibera di fusione da parte di Teramo, a novembre l’ente camerale aquilano ha deliberato la possibilità d’impugnarla davanti al Tar. Infine, la diffida di Santilli, a cui si aggiunge anche una richiesta di risarcimento danni, ultima puntata di una storia che appare ancora lontana dal lieto fine.