Fermare o no i cantieri della ricostruzione? L’Ance dell’Aquila si dice d’accordo ma occorre un sostegno economico per imprese e lavoratori, che ancora non è formalizzato. L’ordine provinciale degli ingegneri scrive una lettera alle istituzioni: sospendere le scadenze.
A poche ore dalla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’ultimo decreto della presidenza del Consiglio dei ministri che stabilisce maggiori restrizioni per fermare l’epidemia del Covid-19, dichiarando tutta Italia “zona rossa”, all’Aquila e si riflette sull’esigenza di chiudere i cantieri edili. L’associazione dei costruttori dell’Aquila garantisce che già da tempo vengono messe in atto tutte le misure preventive per evitare l’esposizione degli operai al rischio di contagio da Coronavirus, prima fra tutte il distanziamento sociale tra i lavoratori. Ma pur essendo d’accordo con la chiusura delle attività edili, legate o meno alla ricostruzione, il presidente Adolfo Cicchetti specifica che mancano ancore precise misure economiche di sostegno e Cassa integrazione straordinaria per il settore, rendendo difficile la scelta di chiudere i cantieri: senza tali misure a essere penalizzati, spiega Cicchetti, sarebbero soprattutto operai monoreddito e piccole imprese.
Il sindaco dell’Aquila intanto, in una conferenza stampa tenuta ieri via Facebook, dopo aver ribadito che c’è una precisa filiera di comando da rispettare, ha spiegato di aver chiesto al presidente dell’Ance “di verificare se vi siano imprese che possano sospendere autonomamente le proprie attività, stante la salvaguardia degli operai e delle economie delle aziende”.
Interviene anche il presidente dell’ordine provinciale degli Ingegneri, Pierluigi De Amicis, che ai parlamentari e a tutte le istituzioni locali fa delle precise richieste: prima di tutto sospendere le scadenze e le penali connesse alla ricostruzione.
IL SERVIZIO DEL TG8:
LA LETTERA DELL’ORDINE DEGLI INGEGNERI DELL’AQUILA:
Atteso lo stato emergenziale che sta coinvolgendo non solo l’Italia;
tenuto conto che con il D.P.C.M. del 09 marzo 2020 sono state imposte misure restrittive sull’intero
territorio nazionale al fine di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19;
considerato che la Regione Lombardia e la Regione Veneto stanno valutando l’applicazione di
misure ancor più restrittive che prevedono anche il blocco delle fabbriche e dei mezzi di
trasporto pubblico lasciando aperti solo i negozi alimentari ed i servizi essenziali;
atteso che anche Consiglio Regionale dell’Abruzzo sta avviando una serie d’iniziative per
contrastare l’indebolimento dell’economia abruzzese a seguito dell’emergenza Coronavirus;
tenuto conto che con il D. L. 08 marzo 2020 sono state individuate “Misure straordinarie ed urgenti
per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi
sullo svolgimento dell’attività giudiziaria”;
considerato che è in fase di preparazione un decreto salva imprese e salva famiglie;
tenuto conto che le vigenti normative speciali per la ricostruzione prevedono scadenze e penali per
ogni fase della procedura, dalla progettazione fino al rientro nelle abitazioni;
continuando a considerare la ricostruzione post sisma 2009 e la ricostruzione post sisma 2016 e
2017 tra le priorità per il nostro territorio, e preso atto che ben poche delle attività connesse
possono essere svolte con il telelavoro o con lo smart working;
considerato inoltre che all’interno degli studi professionali, nei cantieri, nei locali utilizzati per le
assemblee condominiali o consortili, negli uffici pubblici, all’interno delle strutture per la
fornitura dei materiali, negli uffici delle imprese ed in ogni altro luogo ove si volgono le attività
lavorative non è sempre possibile rispettare le necessarie misure minime di contenimento del
contagio di cui all’art. 1, comma 1, del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del
09 marzo 2020 e che questo determina di fatto che le principali attività per la riparazione dei
danni causati dal sisma sono sospese;
rilevando l’impossibilità, a causa delle misure restrittive emanate, anche per gli Ordini professionali
di espletare le proprie funzioni in condizioni di ordinarietà
tutto quanto su premesso, si ritiene necessario e non procrastinabile l’assunzione con
estrema urgenza dei seguenti provvedimenti:
• riconoscimento del periodo di sospensione dei lavori, ove tale atto venga emesso dalla
Direzione dei lavori, ad ogni effetto e per un periodo almeno superiore di 60 giorni alla durata
dell’emergenza;
• sospendere l’applicazione di scadenze e, quindi, delle relative penali per ogni attività,
professionale e di impresa, connesse alla ricostruzione per un periodo almeno superiore di
60 giorni alla durata della fase emergenziale;
• ripristinare il pagamento delle parcelle per la progettazione anche senza la vidimazione da
parte dell’Ordine professionale, seppur nella misura massima del 90% ove il progettista non
coincida con il Direttore dei lavori,
• inserire nella liquidazione dello stato finale dei lavori tutti i professionisti che hanno prodotto
le relative parcelle vidimate dal proprio Ordine, escluse solo quelle prive di vidimazione che
possono essere comunque ammesse a liquidazione nella misura massima del 90%;
• estendere la cassa integrazione o altre forme analoghe per tutti i soggetti coinvolti nella
ricostruzione, compresi i dipendenti e tutti gli operatori economici, liberi professionisti e
lavoratori autonomi;
• prevedere agevolazioni o sospensioni fiscali di ogni forma per gli operatori economici.