I soldi ci sono, e sono tanti, milioni stanziati dal Governo negli anni scorsi e parcheggiati nelle casse del Comune. Anche i progetti preliminari ci sono, realizzati nel dettaglio, e anche questi fermi nei cassetti dell’amministrazione comunale.
Ma alcuni dei più grandi interventi ipotizzati dalla passata amministrazione, inseriti nel piano di Ricostruzione come progetti strategici e che avrebbero cambiato il volto della città in un’ottica di ammodernamento, riqualificazione e miglioramento urbano e urbanistico, sono finiti nel dimenticatoio. Una scelta politica in questo caso, che nulla ha a che fare con le solite problematiche legate alle lentezze burocratiche, alle norme complesse e ai mille passaggi che all’Aquila come ovunque in Italia ingessano i lavori che riguardano le Opere pubbliche.
Questa volta a non consentire a opere fondamentali per la ripresa della città dopo il sisma di partire è una scelta politica. Che, però, potrebbe essere un boomerang, perché i fondi stanziati per quei progetti sono statali (tramite delibere Cipe) e lo Stato, vedendoli inutilizzati, potrebbe richiederli indietro in questo momento storico di carenza di risorse, e utilizzarli per le tante altre emergenze che il Paese sta vivendo: ultima in termini di tempo, ad esempio, Genova.
Tra i progetti ritenuti strategici dalla passata amministrazione, e finiti chissà dove, c’è la sede unica comunale (con uno stanziamento di 35 milioni di euro); c’è il programma di recupero urbano definito “Direzionalità di Villa Gioia e progetto unitario di Santa Croce/Porta Barete” (per un totale di oltre 7 milioni di euro); c’è il programma di recupero urbano di “viale della Croce Rossa” per un importo di 10 milioni e mezzo; e poi il progetto unitario di Porta Leoni, 400mila euro.
Infine, il progetto “Auditorium e parco urbano di Piazza d’Armi”, quest’ultimo (ed è un paradosso) selezionato dal Governo tra le opere prioritarie sul territorio nazionale per un totale di 22 milioni di euro, provenienti oltre che dal Governo, anche dalla donazione del governo australiano (che vuole riprenderseli) e dalla Legge Mancia. Tutti con progetti preliminari pronti, di cui l’amministrazione comunale targata Biondi avrebbe dovuto dare l’incarico per la progettazione esecutiva con relativa gara, permettendo di trasformarli in progetti esecutivi. E dunque in cantieri.