Il Pd sulla discarica di Bussi: «Passi avanti ma tardivi. Guardiamo al futuro senza mai abbassare la guardia».
Il gruppo regionale del Pd e del circolo del Pd di Bussi si sono ritrovati davanti alle aree 2a e 2B del sito di Bussi, le cosiddette aree a nord, per fare un punto della situazione sulle misure di messa in sicurezza di emergenza in corso e per divulgare quello che è stato fatto fino ad oggi, rendendo partecipe la cittadinanza delle prossime tappe di un procedimento lungo e complesso.
«Tutto ciò che oggi vediamo è un cantiere che sarebbe dovuto partire, secondo l’art. 242 del Codice dell’ambiente, entro 48 ore dalla scoperta di questi siti (nel 2007 si scoprì che erano stati stoccati qui, materiali altamente inquinanti in spregio alla autorizzazione diversa) e che in realtà partono oggi (a 13 anni di distanza) grazie al lavoro svolto dalla Commissione d’inchiesta che il centro sinistra in Regione ha fortemente voluto e grazie alla pronuncia del Consiglio di Stato», riferiscono i consiglieri Pd.
«Quelle che vediamo sono Mise, cioè misure di messa in sicurezza di emergenza, che servono a contenere gli effetti del danno verso l’esterno. Chi sta adottando queste misure è Edison, quale soggetto individuato come soggetto inquinatore. Sono interventi importanti perché servono sostanzialmente a isolare 150.000 metri cubi di rifiuti dalla pioggia che, penetrando questa immane distesa di sostanze tossiche, avrebbe finito per violare le falde e i fiumi. Alle nostre spalle il fiume Tirino che passa proprio qui a confine della discarica 2 A.
Sono lavori che Edison porta avanti, al netto del ricorso in Cassazione, azionato avverso la sentenza del Consiglio di Stato n. 2301 del 6 aprile 2020, con cui il Consiglio di Stato l’ha riconosciuto come soggetto inquinatore (Edison ha presentato ricorso in Cassazione contestando la giurisdizione). Ciò significa sicuramente un bel passo in avanti, anche se tardivo, ma anche tanta attenzione al prossimo futuro: non dobbiamo abbassare la guardia e non dobbiamo considerare scontata la rimozione dei rifiuti e la bonifica, e come Pd ciò non accadrà mai.
Oggi però abbiamo il compito di fotografare una situazione che inizia a procedere, almeno con l’adozione delle misure di messa in sicurezza di emergenza su un’area di circa 2.900 mq. (quasi 3 ettari) con un capping del tutto simile a quello delle aree limitrofe alla Turbogas. E lo diciamo con orgoglio. Perché quando abbiamo iniziato a occupare del Sin di Bussi, come gruppo regionale del Pd, chiedendo l’istituzione di una Commissione d’inchiesta regionale e facendo vari sopralluoghi qui, segnalammo uno squarcio sui teli del capping limitrofi alla Turbogas e oggi vediamo quei teli rispristinati e vediamo procedere anche il capping su tutta quest’area. (Avevamo trovato un calzino bucato e oggi vediamo nascere un corredo).
In questo percorso è stato fondamentale un tavolo tecnico che il Ministero dell’ambiente ha tenuto il 1° ottobre, a cui hanno partecipato MATTM, Edison, Ispra e Arta e al termine dei lavori hanno concordato le tre fasi con cui si procederà per le cosiddette aree nord, in cui i punti principali si articolano su integrazione delle indagini per una corretta e aggiornata caratterizzazione, capping su tutta l’area e, al termine del progetto, la rimozione dei rifiuti.
È un percorso che parte da un dato: la precedente caratterizzazione, fatta nel 2011 ed eseguita da Solvay, oltre che essere datata, non distingueva tra rifiuti, terreni e materiale di riporto. Occorre caratterizzare i 150.000 mc di rifiuti.
Ecco perché il Ministero, con Ispra e Arta ha accolto un procedimento che si articola in 3 fasi:Fase 0 (già partita) della durata di 5 mesi:
a) rimozione dei rifiuti superficiali e abbandonati;
b) realizzazione di 17 trincee e 5 sondaggi (o quelli che Arta dovesse richiedere), propedeutiche al Piano di rimozione dei rifiuti;
c) completamento del capping.Fase 1 della durata di 1 mese:
a) predisposizione progetto operativo di rimozione dei rifiuti;
b) attività di indagine integrativa per completare il modello concettuale e l’analisi di rischio.Fase 2 (non viene indicata una durata):
a) elaborazione di analisi di rischio e progetto operativo di bonifica.Tutto questo significa che in attesa che il TAR si esprima sulla revoca in autotutela dell’appalto della bonifica dell’ex Commissario Goio (la cui udienza è fissata al 30 novembre) e di conseguenza sui 45 milioni di euro stanziati con la legge sulla ricostruzione del terremoto nel 2009, già si sono portati a casa alcuni risultati fondamentali:
1) riattivato l’impianto di Pump and stock, realizzato dalla vecchia proprietà Solvay e lasciato inattivo da agosto 2018, quando Solvay cedeva la proprietà al Comune di Bussi sul Tirino. Il Pump and stock è una tecnica di bonifica dei suoli che consiste nel pompare in superficie le acque inquinata affinchè queste siano trattate in serbatoi. Arcadis, incaricata da Edison ha protocollato al Ministero una fotografia della situazione con l’impianto che a luglio 2020 è stato trovato disattivato, presente con un solo serbatoio di 12 mc e con una stazione di rilancio al Taf non collegata. Ci dice anche Arcadis, di cui leggiamo le schede protocollate al Ministero, che l’impianto, avviato il 4 settembre 2020 ha smaltito 23.000 kg. prima del 17 settembre e 22.740 kg entro il 24 settembre. Quanto avrebbe potuto smaltire quell’impianto se da agosto 2018 fino a settembre 2020 avesse funzionato?
2) l’adozione di misure di messa in sicurezza di emergenza (con un capping che potrebbe essere terminato per dicembre 2020 e il cui costo si aggira sui 2 milioni di euro);
3) predisposizione entro settembre 2021 di progetto operativo di bonifica e inizio dei lavori con la rimozione dei rifiuti, su cui convengono anche Ministero, Ispra, Arta e Edison, stando all’accordo trovato nella riunione del 1° ottobre 2020 e condizione imprescindibile per il PD, anche per ridestinare questa area a futuri sviluppi.»