Il telefono dei vigili urbani non squilla soltanto per interventi o multe. A chiamare quotidianamente sono anche tanti anziani soli, a volte solo per parlare e avere un po’ di compagnia.
Sono loro i primi a soffrire una situazione di precarietà che all’Aquila è aumentata dopo il terremoto, dove non c’è certezza sui tempi della ricostruzione e molti si chiedono se riusciranno a tornare nelle proprie case. Come la donna di 93 anni che ieri è tornata per l’ennesima volta al cantiere della sua abitazione vicino a piazza Santa Maria Paganica, in centro storico, spinta dal bisogno di rientrare per rivedere la sua casa, il contesto in cui ha trascorso la sua vita fino al sisma del 2009.
Per allontanarla ed evitare che corresse pericoli, sono dovuti intervenire la polizia e i vigili urbani. Quello della 93enne a è soltanto l’ultimo caso in ordine di tempo, di disorientamento sociale da parte degli anziani che le forze dell’ordine e i vigili si trovano ad affrontare. La testimonianza che non basta ristrutturare soltanto le abitazioni: occorre fare rinascere anche il tessuto sociale.
Gli anziani – la fascia più debole della società – riusciranno a rivedere le loro case? E a ricostruire, una volta rientrati, le loro relazioni sociali? Potranno contare ancora sui punti di riferimento che avevano in passato? E’ una domanda che si pone anche lo Spi-Cgil.
I centri storici dell’Aquila e delle frazioni d’altra parte non esistono più, i centri sociali non sempre sono stati riaperti e per molti anziani la vita scorre come sospesa nel tempo, senza prospettive, isolati e senza la possibilità di allontanarsi nei quartieri del progetto Case o dei villaggi Map. dove non ci sono negozi, scarsi collegamento con il resto della città. E così, anche una telefonata ai vigili serve per avere compagnia.
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