Mentre l’Abruzzo continua a bruciare, ci si interroga anche sulle motivazioni che muovono il piromane-tipo, da non confondere con l’incendiario criminale.
I profiler psicologici dicono che il piromane patologico in genere agisce d’impulso, è un maschio tra i 30 e i 40 anni, vive in campagna e ha una scolarità piuttosto bassa, come anche l’intelletto, ed è sensibile all’attenzione dei media. Il piromane-tipo ha sviluppato sin da bambino un interesse morboso per il fuoco: proprio l’incanto che subisce alla vista delle fiamme genera il desiderio di ricreare la magia. Per farlo usa gli strumenti più comuni, spesso lasciandone traccia sul luogo scelto per appiccare il rogo. Di solito agisce non lontano dal posto in cui vive e d’estate, poiché sa bene che l’innesco e la propagazione sono più facili. Il fascino del fuoco nasconde una voglia di distruggere l’ambiente dal quale si sente rifiutato, o dove non è riuscito ad integrarsi. E’ così che l’Fbi descrive l’incendiario-piromane, una persona generalmente solitaria, spesso preda di una qualche dipendenza. In sostanza la piromania clinica si estrinseca nel bisogno di appiccare il fuoco per il piacere e per il sollievo che l’atto procura. Il piromane è un incendiario, ma non sempre un incendiario è un piromane. Il piromane subisce il fascino del fuoco, è un amore perverso e morboso che riproduce l’ancestrale relazione tra amore e morte. Altra cosa è l’incendiario, la cui mano è armata da motivazioni diverse, spesso criminose: vandalismo, profitto, terrorismo, vendetta, distruzione delle prove, ritorsione, ricerca del brivido, confusione mentale. Nei giorni in cui l’Abruzzo è travolto e sconvolto dalle fiamme, è importante capire bene la differenza tra psicopatologia e comportamento criminale, come conferma il direttore del Dipartimento di salute mentale di Chieti, Massimo Di Giannantonio.