L’acqua sulla Luna c’è per davvero e potrebbe essere più accessibile del previsto: la svolta per le future missioni umane arriva da due studi pubblicati sulla rivista Nature Astronomy. Il professor Flamini, docente della d’Annunzio: “Grande passo avanti, Università da sempre impegnata su studio del nostro satellite.”
È targata anche Scuola internazionale di ricerche per le scienze planetarie dell’Università Chieti-Pescara, visto gli studi già compiuti sul nostro satellite, oltre che sui pianeti quali Marte, la svolta per le future missioni umane sulla luna che arriva da due diversi studi pubblicati sulla rivista scientifica Nature Astronomy. Il primo, coordinato dalla Nasa, dimostra la scoperta inequivocabile della “firma” della molecola di acqua (H2O), rilevata per la prima volta sulla Luna dal telescopio volante Sofia. Il secondo studio, condotto dall’Università del Colorado, stima invece che oltre 40.000 chilometri quadrati di superficie lunare potrebbero intrappolare acqua sotto forma di ghiaccio in piccole cavità ombreggiate. Ricerche precedenti avevano indicato la possibile presenza di acqua sulla superficie lunare, soprattutto vicino al polo Sud, ma gli strumenti usati per le rilevazioni non permettevano di distinguere se il segnale derivasse dalla molecola d’acqua H2O o dall’idrossile (OH) legato ai minerali. Il telescopio Sofia, montato a bordo di un Boeing 747, ha risolto il mistero analizzando lo spettro della Luna a una lunghezza d’onda di 6 micrometri a cui l’acqua non può più essere confusa con altro.
“Aver visto la firma spettrale della molecola d’acqua è un grande passo avanti, perché ci permette finalmente di risolvere una questione aperta da anni”, commenta Enrico Flamini, presidente della Scuola Internazionale di Ricerche per le Scienze Planetarie (IRSPS) presso l’Università di Chieti-Pescara.
I risultati delle analisi dimostrano che a latitudini più meridionali l’acqua è presente in abbondanza (circa 100-400 parti per milione), probabilmente sequestrata in matrici vetrose o rocciose.
“Questo ci dice che la Luna potrebbe essere meno arida del previsto – aggiunge Flamini – ma non è ancora possibile stabilire quanta acqua ci sia e quanta sia utilizzabile: di certo questa scoperta ci aiuterà a pianificare meglio le future missioni”.
Più ottimisti i ricercatori dell’Università del Colorado, che col loro studio ipotizzano la presenza diffusa di ‘trappole’ d’acqua sulla superficie lunare: “se avessimo ragione – afferma Paul Hayne – l’acqua potrebbe essere più accessibile per ottenere acqua potabile, carburante per i razzi, tutto ciò per cui la Nasa ha bisogno di acqua”.