Le parole d’ordine per L’Aquila da ricostruire dovrebbero essere sicurezza e programmazione. Sicurezza delle case e degli edifici pubblici, tra cui le scuole prima di tutto. Sono una settantina gli istituti scolastici di cui 56 comunali, dall’infanzia alle scuole medie.
Soltanto su 10 di queste è stata portata a termine la verifica della vulnerabilità: ossia di quell’indice che dice quanto un immobile riesca a resistere alle sollecitazioni del terremoto. Un indice bassissimo per le poche scuole verificate, tutti al disotto dello 0,3 quando la soglia minima è di uno – tanto che due settimane fa il sindaco Pierluigi Biondi ha deciso di chiudere due plessi nelle frazioni di Arischia e Preturo, con indice di vulnerabilità pari a zero. E tutte le altre? Ancora non si sa nulla: nella città diventata simbolo dell’Italia fragile dal punto di vista sismico, non esiste ancora un quadro chiaro. Eppure la legge impone l’obbligo di concludere le verifiche di vulnerabilità entro il 2018 per poi procedere con gli interventi. Non solo: non esiste ancora un’idea chiara di dove e come ricostruire le scuole, considerando anche che una ventina sono ancora nei Musp provvisori. Abbiamo provato a fare il punto con Massimo Prosperococco, referente del Comitato Scuole sicure dell’Aquila, quello che – avviando una battaglia sulla sicurezza delle scuole – ha “convinto” il Miur ad aumentare il livello della vulnerabilità accettabile (portato a uno), sensibilizzando anche tante altre città italiane.
Per gli interventi sulla vulnerabilità i soldi ci sono già, sottolinea Prosperococco, ad esempio ci sono 6,7 milioni di euro per il Liceo classico Cotugno, che rappresenta la punta dell’iceberg della sicurezza sismica scolastica. Quanto alle scuole comunali, il comitato solleva anche un’altra questione: le scuole sinora verificate sono tutte molto piccole, le verifiche sono state avviate con affidamento diretto: poi ci sono quelle frequentate da un migliaio di studenti, come la Dante Alighieri, per le quali si naviga a vista.