Covid Abruzzo, screening di massa e tamponi rapidi: ecco perché non vengono eseguiti ai bambini sotto ai sei anni. Fazii: «Problematica di gestione del paziente».
Strumento efficace per far emergere i casi sommersi di positività tra gli asintomatici, i tamponi rapidi antigenici utilizzati negli screening di massa sulla popolazione non vengono però effettuati sui bambini al di sotto dei sei anni, che però in caso di necessità vengono comunque sottoposti al tampone molecolare. Per capire il perché di questa differenziazione ci siamo rivolti al dottor Paolo Fazii, direttore dell’unità operativa complessa di Microbiologia e Virologia dell’ospedale Santo Spirito di Pescara.
«Motivazioni tecniche non ce ne sono, perché i tamponi hanno le stesse dimensioni», ha dichiarato il dottor Paolo Fazii. «Si tratta di tamponi floccati, quelli di cui è fornita pure la Protezione Civile e che usiamo in Italia da quando è cominciata la pandemia. Potrei pensare a una problematica di gestione del paziente, perché i bambini molto piccoli ovviamente riescono difficilemnte a mantenere una postura adeguata al tamponamento; inoltre avendo il tampone cosiddetto rapido una minore sensibilità rispetto a quello molecolare, probabilmente se non si è sicuri di essere arrivati al rinofaringe la sensibilità si riduce ulteriormente. Potrebbe essere questa sostanzialmente la causa che inserisce i bambini al di sotto dei sei anni tra le categorie che non possono sottoporsi allo screening di massa con tampone rapido, anche perché dal punto di vista tecnico effettuare un tampone a un ultranovantenne o a un neonato è praticamente la stessa cosa.
Ad ogni modo gli screening di massa sono uno strumento utile per scovare gli asintomatici che poi sono quelli che diffondono inconsapevolmente il virus, ma resta il fatto che mascherina, lavaggio mani e distanziamento sociale sono le armi che dobbiamo sempre usare per combattere questa battaglia: se ci aiutiamo tutti quanti la guerra la vinciamo.»
Ma cos’è che ha fatto precipitare la situazione in questo modo?
«Penso che la causa principale sia stata la circolazione della variante inglese. Ormai qui nel Pescarese ci siamo attestati su un 60-70% di prevalenza di questa variante rispetto agli altri ceppi, che pare abbia una potenzialità di infettività maggiore rispetto al virus convenzionale. Le altre cause purtroppo dipendono dal fatto che molte persone durante il periodo natalizio si sono riunite nelle case per festeggiare; poi abbiamo visto anche tanti ragazzi andare in giro nei fine settimana senza mascherina, però la gente muore e sta male, quindi bisogna essere tutti più seri negli atteggiamenti.
Sappiamo che col caldo il virus circolerà meno e avremo anche un minor numero di casi sintomatici e gravi. Dunque aspettiamo fine maggio e poi forse cominceremo a tirare un sospiro di sollievo, con la consapevolezza però che quest’anno nei mesi caldi dovremmo comportarci bene, altrimenti poi a ottobre ci ritroveremo con gli stessi problemi. Certamente adesso c’è anche il vaccino, ma è pur vero che il numero di vaccinati in tutta Italia è purtroppo ancora esiguo.»