A Pescara il progetto sulle barriere antinquinamento fluviale ipotizzate dal Comune attende il vaglio della Capitaneria di Porto, che però chiede ulteriori elementi per valutare lo studio nel dettaglio. Intanto emergono le perplessità degli operatori portuali.
Sono simili a quelle che si adottano per contenere lo sversamento in mare di idrocarburi, il che forse le rende ancora più inquietanti, ma in questo caso sarebbero chiamate a deviare al largo il corso di un fiume inquinato, il Pescara. Un rimedio tampone che somiglia troppo al mettere la polvere sotto il tappeto, piuttosto che ad eliminarne le cause, ma che al momento sembra essere l’unico individuato per salvare la stagione balneare. Funzionerà? Sono in molti a dire di no, a nutrire perplessità sia sull’efficacia che sulla sicurezza. L’ultima parola però spetta alla Capitaneria di Porto: il comandante ha già ricevuto le coordinate del progetto, ma per pronunciarsi ha bisogno di ulteriori elementi. Lo studio va approfondito nei dettagli, un disegno è davvero poco. Il disegno in questione è in pratica la foto diffusa nei giorni scorsi che traduce in immagini il progetto elaborato dallo Studio di Architettura Catani di Pescara. Le barriere mobili, costo circa 300 mila euro, andrebbero collocate perpendicolarmente alla diga foranea, da cui partirebbe una ulteriore barriera galleggiante per deviare il flusso delle acque alla foce e portarlo al largo. I pannelli galleggianti sarebbero realizzati con uno speciale tessuto in PVC e ancorati fino al fondo a a 10 metri di profondità, per garantire la tenuta e consentire di far defluire le acque inquinate più al largo. Perplessi gli operatori portuali rispetto all’efficacia delle barriere: per Gianni Leardi la loro tenuta potrebbe essere messa a rischio dalle mareggiate e dagli impetuosi venti di scirocco tipici delle nostre zone.